Piccolo e ridente borgo medievale alle porte di Viterbo il cui aspetto è reso suggestivo dall’antica Torre d’ingresso con lo stemma dei Della Rovere e dal Palazzo vescovile del XV secolo.
Il monumento più importante è Villa Lante, l’antica residenza estiva dei papi, un giardino rinascimentale all’italiana opera dell’architetto paesaggista Jacopo Barozzi da Vignola.
Fu il cardinale Raffaele Riario, nipote di papa Sisto IV Della Rovere che, divenuto vescovo di Viterbo, alla fine del 1400 pose per primo le recinzioni del parco. Venne poi aggiunto il casino di caccia, molto apprezzato da papa Leone X e anche un acquedotto.
Nel 1565 Giovan Francesco Gambara divenne vescovo di Viterbo e ottenne Bagnaia grazie a papa Pio V. Progettò la villa su modello di palazzo Farnese di Caprarola. Esso prevedeva due fabbricati gemelli posti ai lati del giardino al centro del quale scendeva l’acqua che entrava nel giardino al suo più alto livello e discendeva fino alla fontana centrale del Quadrato.
La palazzina di destra fu iniziata nel 1566 e terminata nel 1578 anno in cui visitò la Villa papa Gregorio XIII. Anche Montaigne la descrisse nel suo “Voyage en Italie”. Dopo la morte del Gambara l’altra palazzina venne realizzata sotto Alessandro Domasceni Montalto, nipote di papa Sisto V il cui stemma sono i monti sormontati da una stella, che abbellì la Villa fino al 1623. Nel 1653 fu inaugurato il secondo acquedotto. Nel corso dei secoli passò ai Chigi, ai Lante fino al 1953 quando fu acquistata dalla società Villa Lante, attuale proprietaria.
Nella Villa vi è un dislivello di 16 metri modellato con tre ripiani raccordati tra loro da due pendii regolari. Viene rappresentato un ruscello che sgorga dalla roccia, attraversa varie terrazze fino ad arrivare a stagni d’acqua ai piedi del pendio. La villa ha 4 ingressi: il Cancello di ferro, la Porta di Sotto, la Porta Romana che offriva l’accesso in carrozza e il cancello delle Aquile, il principale.
La prima Fontana è quella del Pegaso, di forma ovale, appoggiata ad un pendio e al cui centro si trova uno scoglio su cui il cavallo è in procinto di scuotere con la zampa un cannello che sprigiona uno zampillo d’acqua e verso di esso gettano acqua quattro genii alati.
La Fontana dei Mori è caratterizzata da 4 figure di atleti che con un braccio sorreggono i monti dello stemma Peretti sormontato da una stella. È ornata da putti, mascheroni, vasi, e completata da 12 getti d’acqua. La fontana è circondata da 4 passerelle che dividono lo specchio d’acqua in 4 bacini e adducono al triplice cerchio di vasche della fontana cui sovrasta il gruppo dei Mori.
Segue la Fontana dei Lumini ornata da 70 getti d’acqua. Nel ripiano successivo si trova la Fontana dei Giganti preceduta dalla Mensa del Cardinale, una vasca allungata con spaziosi bordi per appoggiare vivande in occasione di feste all’aperto. Le due statue dei Giganti rappresentano due fiumi, l’Arno e il Tevere. In cima si trova la Fontana dei Delfini di forma ottagonale con sedici delfini disposti in coppie e la Fontana del Diluvio.
La Palazzina Gambara (1566-1578) fu affrescata da Antonio Tempesta, da Raffaellino da Reggio, da artisti della scuola degli Zuccari con storie mitologiche, otto episodi della vita di San Pietro, le fatiche di Ercole, il paese di Bagnaia, scene di caccia, di pesca, di voli di uccelli con figure di gambero.
La Palazzina Montalto (1590-1612) fu affrescata da Agostino Tassi e Cavalier d’Arpino con sfondati con voliere.
Di notevole importanza sono anche il Conservone, grande vasca di raccolta e di distribuzione d'acqua, creata al tempo del Cardinal Ridolfi, la Fontana dei Leoncini, deliziosa opera di peperino voluta dal Cardinal Montalto, il Casino di Caccia eretto nel "Barco" al tempo del vescovo di Viterbo Ottaviano Riario, la Neviera o Pozzo della Neve voluta dal Cardinal Montalto per mantenere a temperatura ghiacciata le bevande.
Lungo la strada che conduce da Viterbo alla Quercia si trova il Santuario della Madonna della Quercia realizzato tra la fine del XV secolo e il primo trentennio del Cinquecento, al posto di una primitiva chiesetta campestre. L’erezione avvenne come atto di devozione dei Viterbesi all’immagine della Madonna col Bambino che nel 1417 tale Battista Juzzante fece dipingere su una tegola (un embrice romano) da Mastro Martello, detto il Monetto.
La leggenda narra che Battista Juzzante aveva una vigna proprio dove adesso è il Santuario. Per difendere il suo podere dai ladri e dai malfattori, l'uomo aveva fatto dipingere da Mastro Martello, detto il Monetto, un'immagine della Madonna su una tegola. Aveva, poi, attaccato la tegola ad una quercia che l'aveva avvolta con i suoi rami come per proteggerla.
L'immagine fece un certo effetto e i ladri non si avvicinarono più alla vigna. Passò di lì un eremita e prese l'immagine per portarla con sé, ma la tegola tornò da sola sulla quercia. Qualche tempo dopo Donna Bartolomea provò di nuovo a prendere la tegola. La portò a casa sua, ma la sacra immagine volò di nuovo sulla sua quercia: la donna tornò a prenderla e la rinchiuse in una cassa, ma la tegola tornò al suo posto anche questa volta. Quando si seppero tutti questi fatti miracolosi, la gente cominciò a venerare l'immagine al punto che si pensò di costruire una chiesa che la potesse accogliere in modo adeguato.
La chiesa venne consacrata dal cardinal Giovan Francesco De Gambara, vescovo di Viterbo, l’8 aprile del 1578. La cattedrale venne costruita nel 1467 da Giovanni di Bernardino da Viterbo. All’interno l’impianto è basilicale con soffitto cassettonato con l’immagine della Madonna della Quercia, di un leone e con lo stemma di Paolo III Farnese che ricevette dall’imperatore di Spagna Carlo V l’oro proveniente dalle Americhe, usato per decorare il soffitto.
L’opera di maggiore prestigio è il tabernacolo con l’immagine miracolosa della Vergine. È un’opera di Andrea Bregno del 1490 e su di esso sono raffigurati i miracoli della Vergine eseguiti da Michele Tosini. Nella parte inferiore si aprono le porticine, realizzate dall’artista viterbese Roberto Joppolo, che danno accesso alla quercia con la tegola miracolosa e permettono di attraversare il tabernacolo.
Fu un centro etrusco-romano e alla fine del VI secolo fu chiamato per la prima volta con il nome di Balneum-regis probabilmente riferito ad un impianto termale nelle cui acque un re avrebbe recuperato la salute. Fu a lungo dominata dalla Chiesa e dalla famiglia dei Monaldeschi della Cervara.
Si accede al centro storico attraverso Porta Albana, costruita nel 1589 su progetto attribuito all'architetto orvietano Ippolito Scalza. Alla destra di Porta Albana vi è l'ottocentesca Chiesa di San Bonaventura, dalla facciata neoclassica. Dietro l'altare maggiore è custodita la tela raffigurante il Sacro Cuore di Gesù e San Bonaventura. Il lato sud di Porta Albana è occupato dal Palazzo dell'ex Ospedale Sant’Antonio. Si continua nella via Roma, al culmine della quale sorge Palazzo Cibo, fatto costruire nel 1559 dall'illustre famiglia genovese. Raggiunta Piazza Cavour, si ammira il Monumento dei caduti e non distante si trova la cinquecentesca Chiesa Cattedrale di San Nicola nella cui navata destra è custodito il santo braccio, reliquiario in oro del XV secolo, contenente un osso del braccio destro di San Bonaventura, dono del re di Francia Carlo VIII e la Bibbia di San Bonaventura.
Più avanti si trova il Palazzo comunale e il Monumento a San Bonaventura, opera dello scultore Cesare Aureli, la Chiesa della Santissima Annunziata, detta comunemente di Sant’Agostino per l'antico ex convento agostiniano ad essa annesso.
Nel vicino Seminario, ex convento Agostiniano da vedere il bellissimo chiostro in cotto, realizzato nel 1524 su disegno di Michele Sanmicheli, con al centro un elegante pozzo realizzato in pietra dall'architetto orvietano Ippolito Scalza. Poco distante sorge la Chiesa dei Santi Andrea e Bonaventura annessa al convento delle Clarisse (oggi casa di riposo), costruita nel 1734, ed oggi in fase di ristrutturazione per essere adibita ad auditorium.
Proseguendo la strada per Civita di Bagnoregio, si raggiunge il Belvedere di San Francesco Vecchio, da cui si può ammirare l'incantevole panorama della cittadina di Civita che affiora come isola in mezzo a un mare di calanchi, nel parco è stato innalzato un monumento con l'effige dello scrittore bagnorese Bonaventura Tecchi. Ovunque affiorano i resti dell'antico convento, fondato da San Francesco e nel quale ricevette la prima educazione San Bonaventura. E' tradizione che San Francesco, avendo avuto in dono dai Benedettini un antico monastero, vi fondasse un "locus" per i suoi frati, successivamente ampliato da San Bonaventura e trasformato in vero e proprio convento. Il monastero e la chiesa annessa furono distrutti da un terremoto e dai franamenti nel 1764. Negli ambienti ricostruiti, ha sede il Centro di Studi Bonaventuriani, fondato nel 1952 da un gruppo di intellettuali bagnoresi. Nella rupe sottostante il Belvedere (versante sud), si trova la Grotta di San Bonaventura, ex tomba etrusca trasformata in cappella, nella quale la tradizione vuole che si recasse a pregare San Bonaventura.
Non distante dal paese si trova Civita di Bagnoregio, l’antico borgo che sorge su un colle tufaceo minato alla base dalla continua erosione di due torrenti che scorrono nelle valli sottostanti e dall'azione delle piogge e del vento: si sta dunque sgretolando, lentamente ma inesorabilmente. Il borgo, dove vivono poche famiglie sta franando. La più bella definizione di Civita è del suo figlio Bonaventura Tecchi: "la città che muore". Il paesaggio che caratterizza la zona è quello dei calanchi. Si presentano come delle particolari forme di erosione create dagli agenti atmosferici, in particolare dalle acque pluviali, sono dei profondi "tagli" nei fianchi delle alture, "ferite" in cui non riescono a crescere le piante per la continua attività erosiva.
Il primo importante monumento che si incontra a Civita è la Porta Santa Maria, sormontata da una coppia di leoni che artigliano due teste umane, simbolo dei tiranni sconfitti dai bagnoresi. Nella piazza principale si può ammirare la romanica Chiesa di San Donato, sorta probabilmente sui resti di un tempio pagano e rimaneggiata nel XVI secolo. In essa sono custoditi uno stupendo Crocefisso ligneo quattrocentesco, della scuola di Donatello, e un affresco della scuola del Perugino. Importanti sono anche i rinascimentali Palazzi dei Colesanti, dei Bocca e degli Alemanni (sede del Museo Geologico) e le viuzze con le tipiche case basse con balconcini e scalette esterne dette "profferli", tipiche dell'architettura viterbese del medioevo.
Bagnoregio ha dato i natali a Bonaventura Tecchi e a San Bonaventura da Bagnoregio.
Il paese sorge su una rupe circondata da pareti rocciose protette dal fosso Biedano. Nell’antichità era chiamato “Maturano” ma fu ribattezzato Barbarano da Desiderio, Re dei Lombardi. L’origine risale al periodo etrusco-romano e i primi insediamenti sono noti già nel XII secolo. Per secoli appartenne alla Chiesa. Si accede al centro storico, di impianto tardo medievale, dalla Porta Romana. Tra le chiese più rinomate si trova la Parrocchiale dell'Assunta dell’XI secolo, la Chiesa del Crocifisso che custodisce un Cristo cinquecentesco di buona fattura, la Chiesa della Misericordia e la ex Chiesa di Sant’Angelo, oggi parte del Museo Archeologico delle necropoli rupestri.
Non lontano dall’abitato si trova il famoso Parco Suburbano Marturanium al cui interno si trova la pittoresca Necropoli rupestre di San Giuliano datata dal VI al V secolo a.C in cui sono presenti le tombe a dado (Tomba Rosi), a portico, ipogee, a fossa, a nicchia e a tumulo (Tomba Cima).
Piccolo centro di origini etrusche, non distante dall’antico Lago di Bassano oggi quasi del tutto interrato e un tempo chiamato dai Romani Lacus Vladimonis. Appartenne alla Santa Sede e nel Cinquecento fu venduto alla famiglia Madruzzo a ricordo della quale oggi resta la Fontana Vecchia. Di notevole interesse è la Chiesa dell'Immacolata Concezione, la Chiesa di Santa Maria dei Lumi risalente al XII secolo. Di fronte alla Chiesa si trova la cinquecentesca Torre dell’orologio al cui interno è inglobato un antico campanile romanico della chiesa dei Lumi.
Inoltre, ci sono anche la Chiesa dei Santi Fidenzio e Terenzio, patroni del paese e la Chiesa della Madonna della Quercia.
È un piccolo borgo risalente al periodo etrusco. Si sviluppò grazie alla vicina Via Clodia che gli permise di avere un collegamento fino al Mar Tirreno. Fu di dominio romano, più volte devastata dalle invasioni barbariche, fu diocesi dal V al IX secolo e diede i natali a due Papi Sabinio I e PasqualeII. Durante il periodo comunale fu retta dai Di Vico e nel XV secolo dai conti Anguillara.
Si entra nel borgo percorrendo un alto ponte detto del Diavolo costruito sul fiume Biedano.
Tra i siti più importanti da visitare si ricorda il Museo Civico Gustavo VI Adolfo di Svezia che ha lo scopo di far conoscere e salvaguardare il rapporto uomo-cavallo in un territorio fortemente caratterizzato dalla presenza di questo animale e la Chiesa dell'Assunta.
Nei dintorni del paese si attestano necropoli rupresti risalenti al VI-V secolo a.C quali la Necropoli di Pian del Vescovo e la Grotta Dipinta.
Molto suggestiva è anche la zona archeologica di San Giovenale con resti di un villaggio etrusco risalente al VI secolo a.C.
Bolsena è un pittoresco borgo medievale che si affaccia sulle rive del lago omonimo, sulle propaggini collinari dei monti Volsinii e si sviluppa lungo la via Cassia a 100 Km a nord di Roma. Le sue origini risalgono al III secolo a. C., quando venne popolata dagli abitanti sfuggiti alla distruzione di Velzna, una tra le più importanti città etrusche dalla quale Bolsena ereditò anche il nome, che le fonti classiche ci hanno tramandato dalla forma latina “Volsinii”. Della città etrusco-romana di Volsinii si conserva l’importante cinta muraria, alcuni edifici di culto e l’anfiteatro del Mercatello che delimita verso il nord l’antica Volsinii. Sui colli circostanti si sviluppano varie necropoli costituite da tombe a camera e a fossa, databili tra il III sec. a. C. e il IV sec. d. C. Nell’VIII secolo appartenne ai Longobardi e per alcuni secoli fu contesa tra la Chiesa e Orvieto. Nel Trecento ci fu l’ascesa della potente famiglia dei Monaldeschi della Cervara che si oppose alla Chiesa. Nel corso del Rinascimento divenne meta preferita di illustri personaggi tra cui Leone X, Pio II e Paolo III ma fu saccheggiata dai Lanzichenecchi.
Il Castello Monaldeschi risale al XII e XIV secolo. Ha una pianta quadrata con alte mura con agli angoli quattro torri quadrate angolari. L’accesso alla rocca era protetto da un fossato e da un rivellino con ponte levatoio in legno e saracinesca. I restauri furono apportati in seguito alla quasi completa distruzione della rocca da parte degli stessi abitanti di Bolsena che nel 1815 preferirono distruggere il fortilizio invece che consegnarlo a Luciano Bonaparte.
Nell'ottobre del 1973, durante i lavori di recupero e restauro della rocca, venne alla luce un butto ricavato in una botola alla base della torre maggiore. Nell'aprile del 1990 sono stati inaugurati i locali del Museo Territoriale del lago di Bolsena con l'esposizione dei resti dell'abitato villanoviano del "Gran Carro" e con la sezione dedicata alla pesca, mentre nel maggio del 1991 è stata ufficialmente aperta l'intera struttura museale con il completamento delle altre sezioni previste e con l'allestimento della sala degli scavi di Volsinii a cura della Scuola Francese di Roma.
Uno dei monumenti più importanti di Bolsena è la Basilica di Santa Cristina. L’edificio presenta l’originalità di accorpare quattro chiese di epoche diverse. La parte più antica è quella ricavata dal taglio della rupe tufacea ed è una grotta, testimone nel 1263 del miracolo del Corpus Domini. Le testimonianze archeologiche e monumentali attestano una frequentazione culturale del sito fin dal IV secolo. Attualmente esso è composto da tre nuclei ben definiti e distinti:
La Basilica, un edificio a tre navate con pianta a croce latina, di età medievale;
La Cappella Nuovadel Miracolo, edificata a partire dal 1693;
La Grottadi Santa Cristina e la Catacomba (secoli IV-V).
Le catacombe risalgono ai secoli IV e V d.C., sono scavate sul versante a nord-est della Basilica di Santa Cristina e sono costituite da un grande corridoio perpendicolare al versante, che s'inoltra nella montagna per una quarantina di metri circa. Da questo corridoio, diramazione di un condotto romano precedente, ne partono altri secondari, perpendicolari al suo asse e disposti, due a due, uno di fronte all'altro. Le pareti sono interamente tappezzate di loculi, nicchie a misura del corpo che venivano scavate nella pietra e che erano chiuse da grandi mattoni romani fissati con calcina. Alcune tombe hanno conservato la loro chiusura, con l'epitaffio inciso sotto forma di graffito o dipinto; come raffigurazioni si trovano solamente simboli e una bella testa femminile. I più ricchi facevano incidere il loro epitaffio su una lastra di marmo che si fissava sui mattoni di chiusura.
Interessante da visitare è anche il Palazzo del Drago di stile rinascimentale, la Chiesa di San Francesco eretta all'inizio del XIII secolo in forma romanica in onore alla Natività di Maria Santissima sotto il padronato della famiglia Monaldeschi della Cervara che vi realizzò la propria tomba di famiglia. Completamente ristrutturata e chiusa al culto, è oggi adibita ad attività culturali, trasformata in un grande edificio teatrale. A questi va aggiunto il Santuario della Madonna del Giglio risalente alla seconda metà del Cinquecento, la Porta di San Giovanni, la Porta di San Francesco e la Fontana di San Rocco.
Per Bolsena passava la famosa Via Francigena che, dal Medioevo fino all’epoca romantica, è stata l’arteria principale lungo la quale sono passati secoli di guerre, di pellegrinaggi e di giubilei da tutta l’Europa verso il grande mito di Roma.
Non distante da Bolsena si trovano le pietre lanciate ovvero colate laviche che assumono l’aspetto di prismi conficcati nella roccia.
Il porto turistico e le strutture balneari esistenti, assicurano agli appassionati degli sport acquatici una vasta scelta di preferenze: dagli stabilimenti balneari alle scuole federali di sci nautico, di vela, di nuoto e di immersione subacquea, al noleggio di canoe, pedalò, wind-surf,barche a vela con o senza skipper, parcheggi e assistenza tecnica per la nautica da diporto supportati da attrezzature portuali sulle quali fanno scalo i traghetti che assicurano i collegamenti con le isole e con gli altri paesi in riva al lago.
Bolsena diede i natali al filosofo Rufo, al grammatico M. Fabio Quintiliano, al poeta Rufo Festo Avieno e al prefetto al pretorio Seiano, protagonista della politica imperiale ai tempi di Tiberio, negli anni 27-31 d. C., ed entrato presto nella leggenda, assieme alla sua famiglia (incisione Adami delle terme di Seio Strabone).
Il Lago di Bolsena dalle trasparenti acque, risultato della mancanza di inquinamento, è il maggiore d‘Europa fra quelli di origine vulcanica e la pesca costituisce l’attività economica preminente, grazie alla varietà di specie ittiche. È esteso per circa 115 kmq e il suo unico emissario è il fiume Marta. Nel corso dei secoli si sono formate due isole Martana e Bisentina, dove la lussureggiante vegetazione contende alle rocce il contatto con le acque.
L’Isola Bisentina deve il suo nome a Bisentium, centro fiorente in epoca etrusca, romana e medioevale, che le si trovava di fronte. È lunga 700 metri e larga 500 ed è coperta da lecci. Fu abitata da Etruschi e da Romani. Intorno alla metà del 1200 divenne proprietà dei signori di Bisenzio e nel 1261 Urbano IV la ottenne chiamandola l'isola Urbana, dal suo stesso nome.
Nel 1400 l'isola Bisentina passò ai Farnese e qui fu seppellito Ranuccio Farnese, nipote di Paolo III.
Nel 1462, il signore di Capodimonte Gabriele Farnese organizzò per il papa Pio II una storica regata di pescatori dei paesi rivieraschi che si concluse con la vittoria dei Martani.
Nell'ottobre del 1517, il cardinale Alessandro Farnese organizzò un ricevimento sull'isola in onore di papa Leone X.
Nel 1635 l'isola Bisentina fu governata dal duca di Castro Odoardo Farnese ma con la fine del ducato di Castro entrambe le isole, la Martana e la Bisentina, tornarono alla Chiesa.
Nel 1707 con Clemente XI la Camera Apostolica concesse l'isola Bisentina al vescovo di Montefiascone, per uso di villeggiatura del Seminario di quella diocesi fino al 1752, quando l'isola fu data in enfiteusi al conte Giraud che la trasformò in un giardino.
Sull'isola sorgono monumenti notevoli, il più importante dei quali è la Chiesa rinascimentale dei Santi Giacomo e Cristoforo, il cui progetto fu affidato dal cardinale Alessandro Farnese al Vignola.
Si trova il Tempietto di Santa Caterina, a pianta ottagonale, chiamato comunemente la Rocchina, attribuita ad Antonio da Sangallo il Giovane, l'Oratorio di San Francesco e l'Oratorio di Monte Oliveta, risalente agli inizi del XVII secolo.
L’Isola Martana è ricordata per la tragica vicenda di Amalasunta, figlia di Teodorico e regina dei Goti. Questa, alla morte del padre Teodorico, ottenne la reggenza del regno ostrogoto, essendo suo figlio Atalarico ancora in età minore.
Inimicatasi la nobiltà ostrogota, fu costretta a dividere il regno con il cugino Teodato dal quale fu assassinata nel 535.
Le origini di Carbognano sono molto antiche e sembrano risalire ad epoca Etrusca e Romana. La sua posizione a ridosso dei Monti Cimini, nella parte meridionale dell'Etruria, lascia immaginare che il territorio sia stato considerato fin dal IV secolo AC, un presidio strategico. Notizie certe si hanno soltanto a partire dal X secolo quando il feudo risulta iscritto tra i possedimenti dell'Abbazia di Farfa. Nel secolo XIV appartenne alla potente famiglia dei Prefetti di Vico e successivamente passò tra i possedimenti della Camera Apostolica. Nel 1494 Papa Alessandro VI Borgia decise di concedere Carbognano ad Orsino Orsini, signore di Bassanello e a sua moglie Giulia Farnese che vi soggiornò fino al 1522. Dopo di lei sua figlia Laura lo lasciò in eredità a Giulio della Rovere, nato dal suo matrimonio con Nicolò della Rovere. Nel 1630, Papa Urbano VIII Barberini elevò Carbognano a Principato e, dopo una serie di unioni matrimoniali, esso finì tra i possedimenti della famiglia Colonna di Sciarra, a cui rimase fino al 1870.
Nel cuore del paese si trova il Castello di Giulia Farnese che la stessa fece costruire nel XVI secolo. È costituito da un fabbricato a pianta quadrilatera irregolare intorno a un piccolo cortile decentralizzato e sulla facciata principale si trova la scritta IVLIA FARNESLA.
Da vedere è la Chiesa di Santa Maria della Conciliazione commissionata da Giulia Farnese e la Chiesa della Madonna della Valle, piccola pieve di campagna dove si trova un affresco della Madonna col Bambino del viterbese Antonio Massaro detto il Pastura.
Tra due delle più importanti vie consolari, la Cassia e la Flaminia, immerso nella suggestiva quanto misteriosa valle Suppentonia, a metà strada tra Roma e Viterbo, sorge Castel Sant'Elia. Di origine etrusco-falisca. Il borgo è noto per la famosa Basilica di Sant’Anastasio, un edificio romanico al cui interno si trovano affreschi di ispirazione bizantina risalenti all’XI secolo.
Un altro monumento molto prezioso per la zona è il Santuario di Santa Maria ad Rupes, una grotta lunga 15 metri, oggi meta di pellegrinaggi.
Inoltre, si può vedere la Chiesetta della Madonna dell'Immagine e resti di cinta murarie, torri di difesa e avvistamento, tutti elementi che costituiscono i cosiddetti Castelli di Pizzo, di Jella, Selva e Castello d'Ischi, Castel Porciano.
Situata sul confine con la Toscana nei pressi del lago di Bolsena fu feudo dei Farnese fino alla distruzione di Castro. Nel 1816 Pio VII nominò Antonio Canova marchese di Ischia per ringraziarlo dell’opera svolta a Parigi, dopo la caduta di Napoleone, in favore della restituzione dei capolavori artistici italiani. Il centro storico è racchiuso intorno al Palazzo Ducale, una possente mole rinascimentale, il cui progetto di costruzione, peraltro incompiuto, è attribuito ad Antonio Sangallo il Giovane. Vi si accede attraverso una porta ad arco sovrastata dalla Torre dell'Orologio.
Di notevole importanza è la parrocchiale di Sant'Ermete, la Chiesa di San Rocco e la Chiesa della Madonna del Giglio.
Nel Museo Civico Pietro e Turiddo Lotti sono esposti reperti etruschi e rinascimentali dell'area di Castro; notevoli i corredi funerari della "Civiltà di Rinaldone" e le sculture etrusche delle necropoli castrensi. Presenti anche reperti del periodo romano e longobardo e i sei affreschi del XIII secolo dell'Eremo di Poggio Conte.
A poca distanza dal paese sorgono i ruderi della città cinquecentesca di Castro (in gran parte progettata da Antonio Sangallo il Giovane), capitale dell'omonimo ducato istituito da Paolo III nel 1537 e distrutta definitivamente nel 1649 dalle truppe pontificie di Innocenzo X.
Una delle attrazioni più importanti della zona sono gli Eremi di Poggio Conte e di Chiusa del Vescovo ossia insediamenti medievali rupestri formati da una chiesa e da ambienti abitativi.
Nei pressi dei ruderi di Castro si estende la necropoli etrusca dove si trova la tomba della Biga, che prende il nome dal ritrovamento di una biga etrusca da parata.
Piccolo paese dell'Alta Tuscia, compreso tra la Toscana e il lago di Bolsena, in una vasta conca già conosciuta come Val di Lago. Nelle campagne circostanti abbondano acque minerali magnesiache solforose e ferruginose e si notano i caratteristici soffioni dovuti ai gas che si sprigionano dal sottosuolo.
La presenza umana nel territorio di Latera fin dall'età Neolitica è stata dimostrata dal ritrovamento di insediamenti preistorici nel lago di Mezzano.
Si susseguirono poi le civiltà appenninica, protovillanoviana, villanoviana e nell'ambito di quest'ultima quella Etrusca. A lungo fu dominata dai Romani, successivamente dagli Ostrogoti e poi dai Longobardi. Sembra che proprio durante la dominazione di questi ultimi fu edificato il primo nucleo del Castello di Latera, oggi non più visibile.
Divenuta Comune nel XII secolo, il suo territorio fu lungamente conteso fra Orvieto e la Santa Sede. Nel 1408 papa Gregorio XII concesse il vicariato di Latera a Ranuccio Farnese.
I discendenti del ramo della famiglia Farnese continuarono ad amministrare Latera fino al 1658 e si distinsero per il governo illuminato: istituirono già nel XVI secolo un "Monte" per i prestiti agli agricoltori, vietarono il taglio indiscriminato dei boschi e, nel 1648 il duca Pier Francesco Farnese ordinò la costruzione dell’acquedotto che ancora oggi alimenta la fontana, detta La fontana del Duca.
Nel 1668 con la morte del Cardinale Gerolamo si estinse la casa Farnese dei Signori di Latera il cui territorio torno' sotto lo Stato Pontificio il cui dominio durera' per oltre due secoli.
Nel 1870, seguendo le sorti dello Stato Pontificio, entro' a far parte del Regno d'Italia.
Nel centro storico si ammirano il Palazzo Ducale, eretto nel XVI secolo dai Farnese, la seicentesca Fontana del Duca Pietro Farnese, la Chiesa di San Clemente, la Chiesa di San Rocco, costruita, probabilmente, intorno al 1400, e nasce come voto fatto durante la peste che, in quegli anni, mieteva centinaia di vittime.
Infine, da visitare, è il piccolo Museo della Terra dove sono raccolti alcuni reperti della civiltà contadina.
È un pittoresco villaggio di pescatori che sorge sulle sponde meridionali del Lago di Bolsena, di fronte all’isola Martana dove fu uccisa Amalasunta, la figlia di Teodorico, Re dei Goti, e non distante dalla via consolare Clodia. La famiglia che dominò a lungo il paese fu quella dei Farnese, a cui si deve l’edificazione del palazzo omonimo. Dell’antico castello, edificato sotto papa Urbano IV nel XIII secolo resta solo la famosa Torre dell’Orologio. Tra le vie del borgo si può ammirare la settecentesca Chiesa di Santa Maria che custodisce un calice di filigrana d'oro del VI secolo e un prezioso reliquiario con un frammento di braccio appartenuto, secondo la tradizione, a San Giovanni Battista.
Su una collina (in bella posizione sul lago), a poca distanza dall'abitato, sorge il piccolo Santuario della Madonna del Monte legata alla festa della Barabbata.
In una grotta tufacea, sulla strada per Capodimonte, si venera l'immagine miracolosa della Madonna che il 19 maggio 1948 apparve a tre bambine del posto.
Montefiascone si trova a 15 km da Viterbo ed è situato sulla S.S. Cassia che prosegue poi per Siena ed ancora fino oltralpe; a meno di 25 km c'è Orvieto che funziona da collegamento con l'autostrada Firenze-Roma. In località Zepponami c'è un piccolo scalo ferroviario sulla linea Viterbo-Orvieto-Roma. Il paese è posto in cima ad un colle sul fianco del cratere del Lago di Bolsena a 640 metri di altezza sul livello del mare e da questa posizione privilegiata si ha visione di un paesaggio ineguagliabile, che va dal Mar Tirreno alla Maremma, dai Monti dell'Umbria ai Cimini, dai Monti della Tolfa alla conca del lago con le sue bellissime isole Martana e Bisentina. La fertile vallata che lo contorna racchiude orti, uliveti, vigneti che danno luogo alla produzione vinicola dell'acclamato Moscatello denominato "Est!Est!!Est!!!"
Abitato sin dal tempo degli Etruschi, Montefiascone era considerato area sacra, forse sede del leggendario Fanum Voltumnae, centro politico e religioso, nel quale si riunivano i lucumoni etruschi. Le testimonianze romane sono cospicue ed in buone condizioni, legate fortemente alla consolare Cassia che fungeva da collegamento tra Roma, il centro d'Italia, il nord della Pianura Padana fino alla Francia (da qui l'appellativo "Via Francigena"). In virtù della posizione strategica della zona i Papi ed i Vescovi di Roma fecero fortificare il centro abitato nel quale confluirono dalle campagne molte persone per difendersi dalle frequenti incursioni barbariche; le mura furono dotate di un'imponente Rocca, nella seconda metà del 1200, ma, durante il Rinascimento, le esigenze militari resero necessarie molte modifiche alla struttura originale.
I lavori per la fortificazione dell’abitato proseguirono nei secoli e ad essi si interessarono molti pontefici; oggi la Rocca dei Papi, restaurata ed abbellita, è spesso utilizzata per manifestazioni culturali e sede del Museo dell’architettura di Antonio da Sangallo il Giovane. Dal 1058 fin quasi alla fine del 1500 a Montefiascone si susseguirono più di trenta papi diversi, imperatori e personaggi illustri. Questi vi soggiornarono per periodi più o meno lunghi, vi convocarono parlamenti o vi si recarono per i soggiorni estivi.
Altro monumento da visitare è la Cattedrale di Santa Margherita, facilmente individuabile da ogni parte della città, vista la sua grandezza; la sua maestosa cupola è, in effetti, la terza in Italia per il diametro interno, dopo San Pietro a Roma e Santa Maria del Fiore a Firenze. L'interno è riccamente decorato da pitture del 1800, oltre ad un busto in marmo raffigurante Santa Margherita, attribuito ad Arnolfo di Cambio. La grande cupola è opera di Carlo Fontana mentre le torri campanarie vennero aggiunte nel 1840 dall'architetto piacentino Paolo Gazola.
Dalla Cattedrale si giunge facilmente alla Basilica romanico-gotica di San Flaviano. Sorta nell'XI secolo sui pressi dell'antica chiesa di Santa Maria, questa costruzione presenta delle soluzioni architettoniche particolari, riuscendo a riunire, con risultato di raro equilibrio, le due diverse tendenze stilistiche. La struttura è quindi composta da due chiese sovrapposte ed orientate inversamente; la parte sottostante del 1032 è a tre navate decorate con affreschi che vanno dal XIV al XVI secolo. La facciata, rivolta in direzione dell'antico percorso della Via Francigena, è arricchita da una loggia rinascimentale, dalla quale i papi apparivano per benedire la folla.
Nella terza cappella della navata sinistra della chiesa di San Flaviano è visibile una lapide in onore di Giovanni Defuk, nome legato alla storia del vino di Montefiascone.
Inoltre, da vedere, è anche la Chiesa di Sant’Andrea, la Porta Aldrovandi, dalla quale si accede al vecchio borgo e al Palazzo Comunale e al Palazzo Renzi.
Centro della Valle del Tevere, situato su di un'alta rupe tufacea, Orte è considerato un importante nodo stradale e ferroviario grazie alla vicinanza dell'Autostrada del Sole e della superstrada Civitavecchia-Orte-Cesena e alla costruzione della ferrovia pontificia avvenuta nel 1864. Abitata fin dal tempo degli Etruschi, fu assoggettata dai Romani e ne divenne municipio e nel corso dei secoli fu dominata dalla Chiesa e dalla famiglia Orsini.
Tra le vie del centro storico si può ammirare la settecentesca Basilica di Santa Maria Assunta, la ex Chiesa di San Silvestro dove è allestito un pregevole Museo d'Arte Sacra e la Chiesadi Sant’Agostino. Non lontano dall’abitato si trova il Santuario della Santissima Trinità.
Tra i palazzi più importanti si ricorda Palazzo Nuzzi, il Palazzo Comunale, Palazzo Roberteschi, il Palazzo dell’orologio, Palazzo Alberti e il Palazzetto di Giuda.
Molto conosciute sono anche le Terme di Orte.
Di origine etrusca, appartenuta agli Orsini, ai Colonna e ai Vitelleschi, Soriano si trova su un’altura dominata dal massiccio Castello Orsini, fatto erigere da papa Nicolò III Orsini nel XIII secolo che scelse questo luogo come residenza estiva. Intorno al castello sorge l'antico borgo medievale, ancora in ottimo stato, con stretti vicoli e vie intersecantesi nella irregolarità planimetrica in cui domina la Torre dell’Orologio. Nella parte rinascimentale del paese si trova il bellissimo Palazzo Albani-Chigi (XVI secolo), considerato uno dei maggiori capolavori dell'architetto Ottaviano Schiratti, assieme alla famosissima Fontana Papacqua. Nella piazza si trova la Collegiata di San Nicola risalente alla fine del Settecento. Di impianto settecentesco anche la Chiesa di Sant'Eutizio al cui interno si trova un pregevole oleario marmoreo attribuito ad Andrea Bregno. Nella Chiesa di Sant'Agostino (o della Santissima Trinità, XVIII secolo) la volta fu affrescata nel Settecento da Taddeo Kunds.
Non lontano dall’abitato si può vedere la Chiesetta romanica di San Giorgio Soriano è circondata dai famosi Monti Cimini con i loro secolari ed ombrosi castagneti, la stupenda e maestosa faggeta al cui ingresso si trova il maestoso "sasso naticarello", un enorme macigno ovoidale che si regge in bilico da secoli su una stretta base di appoggio… “miracolo della natura”, lo definì Plinio il vecchio. Questa zona è la meta ideale per chi ama la natura e la tranquillità, ma anche per chi vuole dedicarsi a lunghe escursioni o alle semplici passeggiate a piedi, a cavallo o in mountain bike.
La Selva di Malano è la zona archeologica di più rilevante interesse dell'intero territorio. Sita in una vasta superficie piuttosto accidentata, non è sfortunatamente raggiungibile con facilità. La Selva è costellata da tombe a fossa con sagoma umana, tombe etrusche a camera, are, urne cinerarie e sarcofagi. Di particolare interesse è il Sasso del predicatore e la Tomba del re e della regina.
Narra il mito che non lontano dal fiume Marta, in un luogo dove ancora restano i segni del più grande tempio etrusco che la storia ci abbia lasciato, accadde un evento fatale: da un solco appena aperto dall’aratro, balzò un essere divino, fanciullo nell’aspetto e vecchio nella saggezza, che rivelò agli Etruschi la disciplina della loro religione. Tarchon, al quale il fanciullo/vecchio che si chiamava Tagete era apparso, fondò nel luogo del prodigio una città sacra, alla quale dette il nome Tarchna, cioè Tarquinia. Un riflesso di questo splendore è ancora a tratti visibile nelle pitture murarie della sua necropoli, scavata nel macco dorato e ancora immersa nel colore.
L’attuale Tarquinia non si sovrappose all’etrusca Tarchna, ma nacque nell’alto medioevo, su una collina vicina. Del medioevo conserva tuttora l’aspetto arroccato e pietroso, racchiusa come è da una intatta cerchia di mura dalla quale torri, palazzi, e chiese si affacciano a guardare il mare. Per un millennio, fin quasi ai nostri giorni, questo paese ha avuto un altro nome: Corneto.
Intorno all’anno Mille, Corneto era una città marinara, prospera e aperta a tutte le esperienze culturali che le giungevano da terra e da mare.
Poco fuori dal centro storico sorge la Necropoli di Monterozzi con le sue circa seimila tombe scavate nel masso calcareo (macco), dipinte dal VI al II secolo a. C, è unica fra quelle etrusche fin dall’antichità. Le pitture delle tombe, oltre che ammirabili dal punto di vista artistico, documentano miti, tradizioni, personaggi e clan familiari. Alcune tombe che accolgono significative pitture parietali, sono attrezzate per la visita, con illuminazione e scale per la discesa. Tra le più note si ricordano la Tomba degli Auguri (530 a.C.), la Tomba del Barone (fine VI sec. a.C.), la Tomba della Caccia e Pesca (520-510 a.C.), la Tomba Cardarelli (fine VI sec. a.C), la Tomba dei Giocolieri (VI sec. a.C.), la Tomba delle Leonesse (fine VI sec. a.C.), la Tomba dei Leopardi (470 a.C.), la Tomba dell’Orco (IV sec. a.C.), la Tomba dei Tori (530 a.C.), la Tomba del Tifone (150 a.C.), la Tomba del Fiore di loto (prima metà dal VI sec. a.C.).
Intorno alla prima metà del 1400 Giovanni Vitelleschi, cardinale e condottiero, potentissimo plenipotenziario e massimo stratega della curia romana, fece erigere il famosissimo Palazzo Vitelleschi, di stile gotico-rinascimentale, ora sede del Museo Nazionale Archeologico Tarquiniense che accoglie l'elegante scultura fittile dei cavalli alati, famosa in tutto il mondo, rinvenuta nel 1936 nella località denominata Ara della Regina, e facente parte della decorazione del frontone del tempio dell'Acropoli, sarcofagi appartenenti a ricche famiglie etrusche, numerosi reperti e alcuni affreschi staccati dalle tombe decorate per poterli meglio conservare.
Nel Duomo di Tarquinia, nel presbiterio si conservano gli affreschi cinquecenteschi, una delle maggiori opere del pittore viterbese Antonio del Massaro detto il Pastura.
Tra le chiese più importanti si ricordano la Chiesa di San Martino, tuttora sede parrocchiale, la Chiesa di San Salvatore, di San Giacomo, dell’Annunziata, di Santa Maria in Valverde, di San Pancrazio, di San Giovanni Gerosolimitano e la Chiesa di San Francesco.
Molto bella Chiesa di Santa Maria in Castello, la chiesa romanica più grande della città, con l’abside rivolta verso il mare, fortezza agli occhi dei nemici, esempio di civiltà per i naviganti e i viaggiatori, oggi meta privilegiata di turisti e studiosi. Narrano i cronisti che la sua mole, la lucentezza di quella che fu la sua cupola, lo svettare dell’alta torre, servissero da riferimento alle navi che incrociavano il Tirreno.
Di rilevante importanza sono il Palazzo comunale e il Palazzo dei Priori che si trovano nel centro medievale tra archetti, case, profferli, palazzetti, monasteri e torri.
Sono le molte torri, infatti, a costituire la caratteristica più spettacolare del panorama tarquiniese. Alcune sono mozze, altre intatte; alcune si ergono isolate nelle piazze o nei prati, altre sono inglobate nelle dimore delle famiglie allora potenti.
Tarquinia deve il suo secolare prestigio alla vicinanza al famoso porto di Civitavecchia, all’antico porto Clementino e Gravisca, al litorale marino, alla campagna maremmana, ai vicini monti della Tolfa e Cimini, dell’Argentario e dell’Isola del Giglio. Non distante scorrono i fiumi Marta e Mignone e il torrente Arrone.
Non lontane si trovano le Saline, la cui costruzione risale ai primi del 1800; esse hanno assicurato per secoli l’approvvigionamento del sale alla città di Roma e furono anche colonia penale.
Le Saline sono attualmente costituite da un territorio di novanta ettari, 10 dei quali erano dedicati ai bacini salati, dove veniva raccolta l’acqua marina e 80 ai bacini evaporanti, dove si otteneva il sale. L’impianto sarebbe ancora produttivo, ma nel 1980 l’area delle Saline è diventata Riserva naturale di popolamento animale.
Le capacità ricettive di Tarquinia sono rinomate in tutta la penisola: le zone residenziali di Marina Velca con campi da golf e piscine, di Spinicci, Tarquinia Lido, Sant’Agostino, Riva dei Tarquinii e gli alberghi situati al centro offrono innumerevoli comfort.
Si possono praticare attività quali il bird watching, jogging, fare passeggiate in bicicletta, cavalcare, esercitare il tiro con l’arco, fare vela e windsurf, nuoto e pesca subacquea e partecipare all’attività dei circoli velici, andare a cavallo lungo i fiumi Marta e Mignone e si può risalire i fiumi in canoa o praticare il trekking, l’archeobike che insegna come cercare con la bicicletta le antiche vestigia.
Tarquinia ha dato i natali a Vincenzo Cardarelli uno dei più illustri scrittori e poeti del Novecento.
È un piccolissimo centro medievale che si estende su un territorio di 1450 Ha a pochi chilometri dalla via Castrense. Fu dato da Papa Leone X alla famiglia Farnese e fu incluso nel Ducato di Castro fino alla sua dissoluzione avvenuta nel 1649. Qui il terreno è molto fertile e favorevole alla coltivazione degli ulivi.
Nel paese si trovano due monumenti la Collegiata di San Felice e la Chiesa della Madonna del Soccorso.
Tuscania è situata su un vasto pianoro tufaceo solcato dal fiume Marta tra Viterbo, il Lago di Bolsena e le coste tirreniche di Tarquinia ed è racchiusa entro una cinta muraria risalente al XIV secolo ancora oggi in ottimo stato. Le origini della città risalgono al Protovillanoviano (1100 a.C.) quando sull'attuale colle di San Pietro si insediò il nucleo etrusco più antico.
La necropoli più famose sono quella della Madonna dell’Olivo (Tombe Curunas, Grotta della Regina, il sarcofago delle Amazzoni), il sepolcreto di Pian di Mola, la Necropoli della Peschiera e il complesso funerario dell’Ara del Tufo. In questi siti sono stati ritrovati numerosi sarcofagi in nenfro la cui produzione rese Tuscania una delle città etrusche più famose della zona.
La penetrazione romana che si stabilizzò verso il 285 a.C. con l'occupazione della Tuscia trova il centro nella condizione ideale per essere adottato quale caposaldo a controllo del vasto territorio, di cui occupa la posizione centrale, facilitata dal potenziamento di quella direttrice stradale etrusca, che, nel 225 a.C., venne elevata al rango di Via consolare romana, con il nome di "Clodia". Ancora oggi sono visibili tracce di opere idrauliche e abitative di età imperiale conosciute come i “Bagni della Regina”.
Nel VI secolo fu occupata dai Longobardi e nell’VIII secolo entrò a far parte del Patrimonio della Chiesa. Nel XIII secolo divenne Comune con i suoi statuti e le tipiche magistrature comunali e e furono costruiti nuovi monumenti pubblici come il Palazzo comunale del Rivellino accanto a cui oggi si trova l’omonimo teatro. Nel Trecento fu contesa tra la Santa Sede e i prefetti di Vico e in seguito a un atto di ribellione al Papa Bonifacio VIII le venne dato il nome di “Toscanella” (quello attuale lo riottenne nel 1911). Nel 1495 fu assediata e saccheggiata dalle truppe francesi di Carlo VIII ma si riprese divenendo un modesto centro dello Stato Pontificio e nel corso dei secoli successivi vide affluire una grande quantità di ricchezza derivante dalla terra e dall'allevamento. I ricchi proprietari di terre e di bestiame investirono notevoli somme per costruire i loro palazzi tardo-rinascimentali. Parallelamente gli amministratori comunali decorarono la città con artistiche fontane barocche e le strade vennero quasi totalmente pavimentate.
La storia "antica" di Tuscania termina il 6 febbraio 1971 quando la cittadina fu colpita da un fortissimo terremoto. Con la ricostruzione nacque l’attuale paese.
Sul colle alla fine della passeggiata fuori le mura si possono vedere la Chiesadi Santa Maria del Riposo e l'ex convento francescano ora adibito a Museo Nazionale Etrusco in cui si trova una raccolta quasi completa dei sarcofagi e delle suppellettili della famiglie tardo etrusche Curunas e Vipinana, rappresentative dei modi di vita e dei costumi di questa parte dell'Etruria nei secoli IV e III a. C..
I gioielli più noti di Tuscania sono la Chiesa di San Pietro con la facciata duecentesca a tre portali e con un maestoso interno in cui ancora si trova un ciborio piramidale, le pareti con affreschi di scuola romana e una grandiosa cripta risalente all’XI secolo, l’altra è la Chiesa di Santa Maria Maggiore con una suntuosa decorazione pittorica della parete di fondo raffigurante il Giudizio Universale. Entrambe furono costruite intorno all’XI secolo alla sommità del colle di San Pietro a cavallo della via Clodia, antica posizione strategica dell’abitato.
Di notevole bellezza è anche la rinascimentale Cattedrale di San Giacomo su Piazza del Duomo, la Chiesa di Santa Maria delle Rose, la Chiesa di San Marco, la Chiesa di San Francesco e la Chiesa di San Silvestro.
Tra i palazzi più importanti vanno ricordati i seguenti Palazzo Baronale, i resti di Palazzo Tartaglia e Palazzo Quaglia, Palazzo Fani, Palazzo Fani-Ciotti, Palazzo Giannotti, il Palazzo Vescovile, Palazzo Tozzi.
Tra le fontane più belle c’è quella delle Sette Cannelle, Fontana Grande, Fontana di Parco Torre di Lavello e Fontanella Giannotti.
Suggestivi, sempre all'interno della mura, i panorami che si osservano dal Belvedere, da piazza Tor di Lavello e dal Monastero di San Paolo.
Non lontano da Tuscania si trova la Riserva Naturale, un’area protetta con un tipico esempio di sughereta dove è possibile trovare un sottobosco ricco di orchidee.
Tuscania è stato il paese natale del pittore Giuseppe Cesetti (Tuscanica 1902-1990) e dei Campanari, una famiglia di impresari e archeologi di Tuscania del XIX secolo. Il padre Vincenzo, insieme ai figli Carlo, Secondiano e Domenico, avviò numerose campagne di scavo in vari centri dell'Etruria, che portarono, fra l'altro, al rinvenimento della tomba dei Vipinana. Notevole il lavoro di recupero svolto a Vulci nel biennio 1835-1837, i cui reperti si ammirano oggi nel Museo Etrusco Gregoriano di Roma.
È un piccolo borgo risalente al periodo etrusco. Si sviluppò grazie alla vicina Via Clodia che gli permise di avere un collegamento fino al Mar Tirreno. Fu di dominio romano, più volte devastata dalle invasioni barbariche, fu diocesi dal V al IX secolo e diede i natali a due Papi Sabinio I e PasqualeII. Durante il periodo comunale fu retta dai Di Vico e nel XV secolo dai conti Anguillara.
Si entra nel borgo percorrendo un alto ponte detto del Diavolo costruito sul fiume Biedano.
Tra i siti più importanti da visitare si ricorda il Museo Civico Gustavo VI Adolfo di Svezia che ha lo scopo di far conoscere e salvaguardare il rapporto uomo-cavallo in un territorio fortemente caratterizzato dalla presenza di questo animale e la Chiesa dell'Assunta.
Nei dintorni del paese si attestano necropoli rupresti risalenti al VI-V secolo a.C quali la Necropoli di Pian del Vescovo e la Grotta Dipinta.
Molto suggestiva è anche la zona archeologica di San Giovenale con resti di un villaggio etrusco risalente al VI secolo a.C.
È un piccolo centro agricolo collocato nell’estremità sud-orientale del recinto della conca di Latera.
Appartenne sin dal Trecento alla famiglia Farnese ma poi con la dissoluzione del potere ducale nel 1649 tornò sotto il controllo della Santa Sede. Il centro storico è dominato dalla medievale Rocca Farnese che oggi è la sede del Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese. Esso raccoglie reperti archeologici provenienti da siti preistorici e protostorici del territorio e collezioni di ceramiche dell’epoca farnesiana come il piatto matrimoniale di Pierluigi Farnese e Gerolama Orsini. Questo ed altri pezzi furono ritrovati nei cosiddetti “butti” ossia pozzi di scarico delle abitazioni. Da qui si può ammirare un suggestivo panorama del lago di Bolsena, dei Monti Volsini, dell’Amiata, del Terminillo, dell’Argentario, del Mar Tirreno e della Selva del Lamone,
Di notevole interesse è la Collegiata di San Giovanni Evangelista risalente al XII secolo in cui sono custoditi una tela settecentesca della scuola del Maratta (Madonna del Rosario) e un affresco del XVI secolo raffigurante la Crocifissione e la Chiesa Santa Croce.
Il portico del Palazzo Comunale è decorato da stemmi quattrocenteschi dei Farnese e di Martino V Colonna, da armi di Paolo III e da uno "staio" in pietra (antica misura del ducato di Castro). La biblioteca Comunale custodisce l'Archivio storico della città di Castro. Poco distante dal centro sorge il Santuario della Madonna della Salute, con un presepe di statue lignee policrome settecentesche.
Non distante da Valentano si trova la famosa Selva del Lamone e il rinomato Lago di Mezzano o lacus Statoniensis dove nel 1971 furono rinvenuti reperti dell’Età del bronzo che dimostrarono la presenza di tre villaggi sommersi con strutture lignee e palafitte.
Valentano ha dato i natali al matematico Paolo Ruffini.
Il paese di Proceno si trova tra il Monte Amiata e il Monte Rufeno al confine tra Lazio e Toscana e si dice che sia stato fondato dal re etrusco Porsenna che, assalito da un cinghiale, lo uccise e per questo motivo fece fondare il borgo che oggi ha come stemma proprio un cinghiale.
Molte centinaia di anni dopo Sant’Agnese Segni da Montepulciano compì uno dei suoi miracoli che la rendono ancora oggi un’amata patrona a cui la popolazione rimane devota e legatissima.
Poco prima dell’anno mille abbiamo delle tracce della nascita del castrum (castello o più propriamente luogo fortificato) con lo scopo di proteggere i propri abitanti dalle continue invasioni di quel periodo. Nel corso dei secoli Proceno fu assoggettato alla potenza orvietana, a quella imperiale e a quella papale e fu governato da grandi famiglie quali gli Orsini, gli Sforza che ne acquistarono la signoria intorno all’anno 1433. Dalla famiglia Sforza si passò a quella dei Mozzanti e infine ai Selvi prima di tornare per l’ultima volta sotto il dominio dello stato pontificio per restarci fino all’unità d'Italia.
Il centro storico di Proceno è suddiviso in rioni, dove tuttora vive la maggior parte della popolazione. I rioni più grandi sono: il Centro, situato nel cuore del paese in cui sorgono la piazza principale, il municipio ed il cinquecentesco Palazzo Sforza fatto costruire dal cardinale Guido Ascanio Sforza, il rione la Porta ai piedi della Rocca, che prende il nome da una delle tre porte (Porta Fiorentina) che in passato davano accesso a Proceno; la Verdura, rione che, sviluppato lungo la sua via principale, via della pace, conduce alla piazza centrale e che ha come massimo punto di interesse la Chiesa di San Martino, meglio conosciuta dai procenesi come "chiesa dei frati" dove un tempo vi sorgeva un convento; il Salaiolo, rione che sorge proprio nel cuore del paese e che prende il nome dal minerale, il salaiolo, di cui è costituito prevalentemente il sottosuolo. C’è anche il rione Poggio dove è situata la piccola Chiesa di Sant’Agnese Segni e l'orto dei miracoli infine il rione Bottino presso il quale sorge tuttora una parte di muro di cinta e la seconda delle tre porte di accesso al paese.
Da vedere è la cinquecentesca Chiesa di Santa Maria del Giglio che conserva gli affreschi della Scuola degli Zuccari, la Chiesa del Santissimo Salvatore, la Chiesa della Madonna delle Piane, la Chiesa di San Giovanni Battista e la Rocca medioevale lungo la via Francigena.
Bomarzo, suggestivo centro della Tuscia in provincia di Viterbo, è situato tra le estreme pendici nord-orientali dei Monti Cimini e l'ampia vallata del Tevere, su uno degli ultimi speroni rocciosi (peperino) originati dalle colate laviche dell'apparato vulcanico cimino. Fu un insediamento etrusco-romano di notevole importanza, di cui si conservano numerose testimonianze nella Necropoli di Montecasoli e nei siti di Pianmiano e nel cimitero paleocristiano di Santa Cecilia.
Fu sede vescovile e dal XVI secolo appartenne alla famiglia Orsini.
Elemento caratterizzante del paese è il Centro Storico, in cui spicca il cinquecentesco Palazzo Orsini: gioiello di architettura Rinascimentale dell’architetto Baldassarre Peruzzi.
Al periodo della signoria Orsini risale il famoso Sacro Bosco o meglio conosciuto come "Parco dei mostri", un giardino popolato da “mostri” in pietra, ideato e fatto realizzare da Pierfrancesco Orsini, detto Vicino. Le opere più importante che si trovano all’interno sono il Tempietto (di stile dorico, a forma ottagonale, dedicato alla moglie di vicino, Giulia Farnese), il Mascherone (il mostro più emblematico con naso rincagnato, occhi vuoti ed enorme bocca spalancata, nel cui interno è ricavata una stanza), l'Elefante in battaglia (che rivela uno spiccato riferimento all'arte orientale), il Drago in lotta coi veltri (evidenti gli influssi asiatici), la Donna opulenta (dalle enormi proporzioni, che sorregge un vaso sulla testa), Nettuno (che appoggia il dorso nudo a ridosso di muro ciclopico), la Casetta inclinata (si avverte il compiacimento per il disprezzo dei limiti della regola), la Tartaruga (gigantesca scultura sormontata da un'armoniosa figura musicale), il Gigante (significative le forzature anatomiche metriche), la Maschera demoniaca (sorregge il globo decorato dai simboli araldici degli Orsini).
Altri edifici di notevole bellezza sono la Chiesa di Santa Maria Assunta, dove sono conservate le spoglie di Sant’Anselmo, Vescovo e Patrono della cittadina e la Chiesa del Cristo Risorto.
Non lontano dall’abitato si trova la Riserva Naturale di Monte Casoli caratterizzata da pareti scoscese di tufo, scavate dai torrenti e da fitti boschi di querce in cui si nascondono suggestive necropoli rupestri.
Tra due delle più importanti vie consolari, la Cassia e la Flaminia, immerso nella suggestiva quanto misteriosa valle Suppentonia, a metà strada tra Roma e Viterbo, sorge Castel Sant'Elia. Di origine etrusco-falisca. Il borgo è noto per la famosa Basilica di Sant’Anastasio, un edificio romanico al cui interno si trovano affreschi di ispirazione bizantina risalenti all’XI secolo.
Un altro monumento molto prezioso per la zona è il Santuario di Santa Maria ad Rupes, una grotta lunga 15 metri, oggi meta di pellegrinaggi.
Inoltre, si può vedere la Chiesetta della Madonna dell'Immagine e resti di cinta murarie, torri di difesa e avvistamento, tutti elementi che costituiscono i cosiddetti Castelli di Pizzo, di Jella, Selva e Castello d'Ischi, Castel Porciano.
È un pittoresco villaggio di pescatori che sorge sulle sponde meridionali del Lago di Bolsena, di fronte all’isola Martana dove fu uccisa Amalasunta, la figlia di Teodorico, Re dei Goti, e non distante dalla via consolare Clodia. La famiglia che dominò a lungo il paese fu quella dei Farnese, a cui si deve l’edificazione del palazzo omonimo. Dell’antico castello, edificato sotto papa Urbano IV nel XIII secolo resta solo la famosa Torre dell’Orologio. Tra le vie del borgo si può ammirare la settecentesca Chiesa di Santa Maria che custodisce un calice di filigrana d'oro del VI secolo e un prezioso reliquiario con un frammento di braccio appartenuto, secondo la tradizione, a San Giovanni Battista.
Su una collina (in bella posizione sul lago), a poca distanza dall'abitato, sorge il piccolo Santuario della Madonna del Monte legata alla festa della Barabbata.
In una grotta tufacea, sulla strada per Capodimonte, si venera l'immagine miracolosa della Madonna che il 19 maggio 1948 apparve a tre bambine del posto.
Narra il mito che non lontano dal fiume Marta, in un luogo dove ancora restano i segni del più grande tempio etrusco che la storia ci abbia lasciato, accadde un evento fatale: da un solco appena aperto dall’aratro, balzò un essere divino, fanciullo nell’aspetto e vecchio nella saggezza, che rivelò agli Etruschi la disciplina della loro religione. Tarchon, al quale il fanciullo/vecchio che si chiamava Tagete era apparso, fondò nel luogo del prodigio una città sacra, alla quale dette il nome Tarchna, cioè Tarquinia. Un riflesso di questo splendore è ancora a tratti visibile nelle pitture murarie della sua necropoli, scavata nel macco dorato e ancora immersa nel colore.
L’attuale Tarquinia non si sovrappose all’etrusca Tarchna, ma nacque nell’alto medioevo, su una collina vicina. Del medioevo conserva tuttora l’aspetto arroccato e pietroso, racchiusa come è da una intatta cerchia di mura dalla quale torri, palazzi, e chiese si affacciano a guardare il mare. Per un millennio, fin quasi ai nostri giorni, questo paese ha avuto un altro nome: Corneto.
Intorno all’anno Mille, Corneto era una città marinara, prospera e aperta a tutte le esperienze culturali che le giungevano da terra e da mare.
Poco fuori dal centro storico sorge la Necropoli di Monterozzi con le sue circa seimila tombe scavate nel masso calcareo (macco), dipinte dal VI al II secolo a. C, è unica fra quelle etrusche fin dall’antichità. Le pitture delle tombe, oltre che ammirabili dal punto di vista artistico, documentano miti, tradizioni, personaggi e clan familiari. Alcune tombe che accolgono significative pitture parietali, sono attrezzate per la visita, con illuminazione e scale per la discesa. Tra le più note si ricordano la Tomba degli Auguri (530 a.C.), la Tomba del Barone (fine VI sec. a.C.), la Tomba della Caccia e Pesca (520-510 a.C.), la Tomba Cardarelli (fine VI sec. a.C), la Tomba dei Giocolieri (VI sec. a.C.), la Tomba delle Leonesse (fine VI sec. a.C.), la Tomba dei Leopardi (470 a.C.), la Tomba dell’Orco (IV sec. a.C.), la Tomba dei Tori (530 a.C.), la Tomba del Tifone (150 a.C.), la Tomba del Fiore di loto (prima metà dal VI sec. a.C.).
Intorno alla prima metà del 1400 Giovanni Vitelleschi, cardinale e condottiero, potentissimo plenipotenziario e massimo stratega della curia romana, fece erigere il famosissimo Palazzo Vitelleschi, di stile gotico-rinascimentale, ora sede del Museo Nazionale Archeologico Tarquiniense che accoglie l'elegante scultura fittile dei cavalli alati, famosa in tutto il mondo, rinvenuta nel 1936 nella località denominata Ara della Regina, e facente parte della decorazione del frontone del tempio dell'Acropoli, sarcofagi appartenenti a ricche famiglie etrusche, numerosi reperti e alcuni affreschi staccati dalle tombe decorate per poterli meglio conservare.
Nel Duomo di Tarquinia, nel presbiterio si conservano gli affreschi cinquecenteschi, una delle maggiori opere del pittore viterbese Antonio del Massaro detto il Pastura.
Tra le chiese più importanti si ricordano la Chiesa di San Martino, tuttora sede parrocchiale, la Chiesa di San Salvatore, di San Giacomo, dell’Annunziata, di Santa Maria in Valverde, di San Pancrazio, di San Giovanni Gerosolimitano e la Chiesa di San Francesco.
Molto bella Chiesa di Santa Maria in Castello, la chiesa romanica più grande della città, con l’abside rivolta verso il mare, fortezza agli occhi dei nemici, esempio di civiltà per i naviganti e i viaggiatori, oggi meta privilegiata di turisti e studiosi. Narrano i cronisti che la sua mole, la lucentezza di quella che fu la sua cupola, lo svettare dell’alta torre, servissero da riferimento alle navi che incrociavano il Tirreno.
Di rilevante importanza sono il Palazzo comunale e il Palazzo dei Priori che si trovano nel centro medievale tra archetti, case, profferli, palazzetti, monasteri e torri.
Sono le molte torri, infatti, a costituire la caratteristica più spettacolare del panorama tarquiniese. Alcune sono mozze, altre intatte; alcune si ergono isolate nelle piazze o nei prati, altre sono inglobate nelle dimore delle famiglie allora potenti.
Tarquinia deve il suo secolare prestigio alla vicinanza al famoso porto di Civitavecchia, all’antico porto Clementino e Gravisca, al litorale marino, alla campagna maremmana, ai vicini monti della Tolfa e Cimini, dell’Argentario e dell’Isola del Giglio. Non distante scorrono i fiumi Marta e Mignone e il torrente Arrone.
Non lontane si trovano le Saline, la cui costruzione risale ai primi del 1800; esse hanno assicurato per secoli l’approvvigionamento del sale alla città di Roma e furono anche colonia penale.
Le Saline sono attualmente costituite da un territorio di novanta ettari, 10 dei quali erano dedicati ai bacini salati, dove veniva raccolta l’acqua marina e 80 ai bacini evaporanti, dove si otteneva il sale. L’impianto sarebbe ancora produttivo, ma nel 1980 l’area delle Saline è diventata Riserva naturale di popolamento animale.
Le capacità ricettive di Tarquinia sono rinomate in tutta la penisola: le zone residenziali di Marina Velca con campi da golf e piscine, di Spinicci, Tarquinia Lido, Sant’Agostino, Riva dei Tarquinii e gli alberghi situati al centro offrono innumerevoli comfort.
Si possono praticare attività quali il bird watching, jogging, fare passeggiate in bicicletta, cavalcare, esercitare il tiro con l’arco, fare vela e windsurf, nuoto e pesca subacquea e partecipare all’attività dei circoli velici, andare a cavallo lungo i fiumi Marta e Mignone e si può risalire i fiumi in canoa o praticare il trekking, l’archeobike che insegna come cercare con la bicicletta le antiche vestigia.
Tarquinia ha dato i natali a Vincenzo Cardarelli uno dei più illustri scrittori e poeti del Novecento.
Il paese di Proceno si trova tra il Monte Amiata e il Monte Rufeno al confine tra Lazio e Toscana e si dice che sia stato fondato dal re etrusco Porsenna che, assalito da un cinghiale, lo uccise e per questo motivo fece fondare il borgo che oggi ha come stemma proprio un cinghiale.
Molte centinaia di anni dopo Sant’Agnese Segni da Montepulciano compì uno dei suoi miracoli che la rendono ancora oggi un’amata patrona a cui la popolazione rimane devota e legatissima.
Poco prima dell’anno mille abbiamo delle tracce della nascita del castrum (castello o più propriamente luogo fortificato) con lo scopo di proteggere i propri abitanti dalle continue invasioni di quel periodo. Nel corso dei secoli Proceno fu assoggettato alla potenza orvietana, a quella imperiale e a quella papale e fu governato da grandi famiglie quali gli Orsini, gli Sforza che ne acquistarono la signoria intorno all’anno 1433. Dalla famiglia Sforza si passò a quella dei Mozzanti e infine ai Selvi prima di tornare per l’ultima volta sotto il dominio dello stato pontificio per restarci fino all’unità d'Italia.
Il centro storico di Proceno è suddiviso in rioni, dove tuttora vive la maggior parte della popolazione. I rioni più grandi sono: il Centro, situato nel cuore del paese in cui sorgono la piazza principale, il municipio ed il cinquecentesco Palazzo Sforza fatto costruire dal cardinale Guido Ascanio Sforza, il rione la Porta ai piedi della Rocca, che prende il nome da una delle tre porte (Porta Fiorentina) che in passato davano accesso a Proceno; la Verdura, rione che, sviluppato lungo la sua via principale, via della pace, conduce alla piazza centrale e che ha come massimo punto di interesse la Chiesa di San Martino, meglio conosciuta dai procenesi come "chiesa dei frati" dove un tempo vi sorgeva un convento; il Salaiolo, rione che sorge proprio nel cuore del paese e che prende il nome dal minerale, il salaiolo, di cui è costituito prevalentemente il sottosuolo. C’è anche il rione Poggio dove è situata la piccola Chiesa di Sant’Agnese Segni e l'orto dei miracoli infine il rione Bottino presso il quale sorge tuttora una parte di muro di cinta e la seconda delle tre porte di accesso al paese.
Da vedere è la cinquecentesca Chiesa di Santa Maria del Giglio che conserva gli affreschi della Scuola degli Zuccari, la Chiesa del Santissimo Salvatore, la Chiesa della Madonna delle Piane, la Chiesa di San Giovanni Battista e la Rocca medioevale lungo la via Francigena.
È un borgo che sorge nel versante meridionale della Tuscia Viterbese, ai confini con la provincia di Roma. È noto per le belle olmate che si estendono intorno all’abitato. Fu fondato nel 1560 da Giorgio di Santacroce. Nel Seicento fu dominio degli Orsini che lo cedettero a breve alla famiglia di papa Clemente X Altieri. Simbolo della cittadina è il seicentesco Palazzo Altieri al cui interno si trovano affreschi rappresentanti le vedute dei feudi principeschi e un’originale raccolta di ritratti di papi da San Pietro a Giovanni Paolo II.
Di rilievo è la Chiesa di Sant’Anna, la Chiesa di San Giorgio, il Palazzo del Governatore e la Chiesa e il Convento di Sant’Antonio.
Bomarzo, suggestivo centro della Tuscia in provincia di Viterbo, è situato tra le estreme pendici nord-orientali dei Monti Cimini e l'ampia vallata del Tevere, su uno degli ultimi speroni rocciosi (peperino) originati dalle colate laviche dell'apparato vulcanico cimino. Fu un insediamento etrusco-romano di notevole importanza, di cui si conservano numerose testimonianze nella Necropoli di Montecasoli e nei siti di Pianmiano e nel cimitero paleocristiano di Santa Cecilia.
Fu sede vescovile e dal XVI secolo appartenne alla famiglia Orsini.
Elemento caratterizzante del paese è il Centro Storico, in cui spicca il cinquecentesco Palazzo Orsini: gioiello di architettura Rinascimentale dell’architetto Baldassarre Peruzzi.
Al periodo della signoria Orsini risale il famoso Sacro Bosco o meglio conosciuto come "Parco dei mostri", un giardino popolato da “mostri” in pietra, ideato e fatto realizzare da Pierfrancesco Orsini, detto Vicino. Le opere più importante che si trovano all’interno sono il Tempietto (di stile dorico, a forma ottagonale, dedicato alla moglie di vicino, Giulia Farnese), il Mascherone (il mostro più emblematico con naso rincagnato, occhi vuoti ed enorme bocca spalancata, nel cui interno è ricavata una stanza), l'Elefante in battaglia (che rivela uno spiccato riferimento all'arte orientale), il Drago in lotta coi veltri (evidenti gli influssi asiatici), la Donna opulenta (dalle enormi proporzioni, che sorregge un vaso sulla testa), Nettuno (che appoggia il dorso nudo a ridosso di muro ciclopico), la Casetta inclinata (si avverte il compiacimento per il disprezzo dei limiti della regola), la Tartaruga (gigantesca scultura sormontata da un'armoniosa figura musicale), il Gigante (significative le forzature anatomiche metriche), la Maschera demoniaca (sorregge il globo decorato dai simboli araldici degli Orsini).
Altri edifici di notevole bellezza sono la Chiesa di Santa Maria Assunta, dove sono conservate le spoglie di Sant’Anselmo, Vescovo e Patrono della cittadina e la Chiesa del Cristo Risorto.
Non lontano dall’abitato si trova la Riserva Naturale di Monte Casoli caratterizzata da pareti scoscese di tufo, scavate dai torrenti e da fitti boschi di querce in cui si nascondono suggestive necropoli rupestri.
Bomarzo, suggestivo centro della Tuscia in provincia di Viterbo, è situato tra le estreme pendici nord-orientali dei Monti Cimini e l'ampia vallata del Tevere, su uno degli ultimi speroni rocciosi (peperino) originati dalle colate laviche dell'apparato vulcanico cimino. Fu un insediamento etrusco-romano di notevole importanza, di cui si conservano numerose testimonianze nella Necropoli di Montecasoli e nei siti di Pianmiano e nel cimitero paleocristiano di Santa Cecilia.
Fu sede vescovile e dal XVI secolo appartenne alla famiglia Orsini.
Elemento caratterizzante del paese è il Centro Storico, in cui spicca il cinquecentesco Palazzo Orsini: gioiello di architettura Rinascimentale dell’architetto Baldassarre Peruzzi.
Al periodo della signoria Orsini risale il famoso Sacro Bosco o meglio conosciuto come "Parco dei mostri", un giardino popolato da “mostri” in pietra, ideato e fatto realizzare da Pierfrancesco Orsini, detto Vicino. Le opere più importante che si trovano all’interno sono il Tempietto (di stile dorico, a forma ottagonale, dedicato alla moglie di vicino, Giulia Farnese), il Mascherone (il mostro più emblematico con naso rincagnato, occhi vuoti ed enorme bocca spalancata, nel cui interno è ricavata una stanza), l'Elefante in battaglia (che rivela uno spiccato riferimento all'arte orientale), il Drago in lotta coi veltri (evidenti gli influssi asiatici), la Donna opulenta (dalle enormi proporzioni, che sorregge un vaso sulla testa), Nettuno (che appoggia il dorso nudo a ridosso di muro ciclopico), la Casetta inclinata (si avverte il compiacimento per il disprezzo dei limiti della regola), la Tartaruga (gigantesca scultura sormontata da un'armoniosa figura musicale), il Gigante (significative le forzature anatomiche metriche), la Maschera demoniaca (sorregge il globo decorato dai simboli araldici degli Orsini).
Altri edifici di notevole bellezza sono la Chiesa di Santa Maria Assunta, dove sono conservate le spoglie di Sant’Anselmo, Vescovo e Patrono della cittadina e la Chiesa del Cristo Risorto.
Non lontano dall’abitato si trova la Riserva Naturale di Monte Casoli caratterizzata da pareti scoscese di tufo, scavate dai torrenti e da fitti boschi di querce in cui si nascondono suggestive necropoli rupestri.
Bomarzo, suggestivo centro della Tuscia in provincia di Viterbo, è situato tra le estreme pendici nord-orientali dei Monti Cimini e l'ampia vallata del Tevere, su uno degli ultimi speroni rocciosi (peperino) originati dalle colate laviche dell'apparato vulcanico cimino. Fu un insediamento etrusco-romano di notevole importanza, di cui si conservano numerose testimonianze nella Necropoli di Montecasoli e nei siti di Pianmiano e nel cimitero paleocristiano di Santa Cecilia.
Fu sede vescovile e dal XVI secolo appartenne alla famiglia Orsini.
Elemento caratterizzante del paese è il Centro Storico, in cui spicca il cinquecentesco Palazzo Orsini: gioiello di architettura Rinascimentale dell’architetto Baldassarre Peruzzi.
Al periodo della signoria Orsini risale il famoso Sacro Bosco o meglio conosciuto come "Parco dei mostri", un giardino popolato da “mostri” in pietra, ideato e fatto realizzare da Pierfrancesco Orsini, detto Vicino. Le opere più importante che si trovano all’interno sono il Tempietto (di stile dorico, a forma ottagonale, dedicato alla moglie di vicino, Giulia Farnese), il Mascherone (il mostro più emblematico con naso rincagnato, occhi vuoti ed enorme bocca spalancata, nel cui interno è ricavata una stanza), l'Elefante in battaglia (che rivela uno spiccato riferimento all'arte orientale), il Drago in lotta coi veltri (evidenti gli influssi asiatici), la Donna opulenta (dalle enormi proporzioni, che sorregge un vaso sulla testa), Nettuno (che appoggia il dorso nudo a ridosso di muro ciclopico), la Casetta inclinata (si avverte il compiacimento per il disprezzo dei limiti della regola), la Tartaruga (gigantesca scultura sormontata da un'armoniosa figura musicale), il Gigante (significative le forzature anatomiche metriche), la Maschera demoniaca (sorregge il globo decorato dai simboli araldici degli Orsini).
Altri edifici di notevole bellezza sono la Chiesa di Santa Maria Assunta, dove sono conservate le spoglie di Sant’Anselmo, Vescovo e Patrono della cittadina e la Chiesa del Cristo Risorto.
Non lontano dall’abitato si trova la Riserva Naturale di Monte Casoli caratterizzata da pareti scoscese di tufo, scavate dai torrenti e da fitti boschi di querce in cui si nascondono suggestive necropoli rupestri.
Situato nel cuore della Maremma, l’antico Castrum Montis Alti uscì dalla leggenda ed entrò nella storia solo nell'852 d.C. quando in una bolla di Papa Leone IV, comparve, per la prima volta, il nome Montis Alti. Fin dal Medioevo fu importantissimo per il porto nei pressi della foce del fiume Fiora. Il centro storico raggiunse la sua massima espansione urbanistica nel Trecento e Montalto diventò un territorio ambito e fu conteso da Papi e da ricche famiglie locali quali gli Orsini, i Farnese e i Prefetti di Vico. Nel 1421 papa Martino V, interessato a mantenere nella zona un centro abitato per sorvegliare la Dogana dei Pascoli, scrisse una bolla in favore del ripopolamento della zona. Da questo momento il territorio di Montalto si legò indissolubilmente al sistema agro-pastorale, alla transumanza e al lavoro stagionale. Per volontà di Papa Paolo III, il 22 dicembre 1535 il paese di Montalto e il suo territorio venne concesso in feudo a Pier Luigi Farnese, suo figlio ed entrò a far parte del Ducato di Castro fino alla sua dissoluzione avvenuta nel 1649. I secoli successivi furono molto difficili e la ripresa del paese avvenne solo dopo le due guerre mondiali. Oggi è una ridente cittadina costiera conosciuta per la bellezza delle sue spiagge alle quali si accede attraversando ampi tratti incontaminati di macchia mediterranea.
L'abitato è dominato dal Castello Guglielmi, il cui nucleo più antico è costituito dall'imponente torre quadrangolare. Costruito probabilmente nel XV secolo dagli Orsini, come ricordato dalla lapide posta sulla torre, il castello subì in seguito numerose ristrutturazioni.
Tra le chiese più rinomate si può vedere la Chiesa di Santa Croce, la Chiesa di Santa Maria Assunta al cui interno, in una teca, sono conservate le reliquie di Quirino e Candido, santi patroni di Montalto. In piazza Giacomo Matteotti si trova il Palazzo del Comune. La struttura, sorta in origine come convento francescano, venne successivamente trasformata in fortezza dai Farnese e inglobata nella cinta muraria.
Fuori del centro storico, in prossimità della via Aurelia, si incontrano le settecentesche Fontane delle Tre Cannelle e del Mascherone, entrambe con lunghe epigrafi sormontate dallo stemma del Comune. Lungo la strada per Marina di Montalto si può notare, sulla sinistra, la Chiesa di San Sisto, costruita dai frati Agostiniani forse nel XIII secolo, e in seguito trasformata prima in lazzaretto e quindi in ospedale.
Percorrendo l'Aurelia, dopo aver superato la frazione di Pescia Romana, si arriva al Palazzo del Chiarone, l'ex dogana pontificia. Munito di circa 90 stanze, con tanto di appartamento papale, stalle e prigione, risulta oggi, purtroppo, completamente abbandonato.
Montalto è anche famosa per la centrale nucleare di Pian dei Cangani (a circa 2 km), rimasta incompiuta e oggi attrazione di archeologia industriale.
A circa 13 km si trova il Parco Naturalistico Archeologico di Vulci dove è possibile ammirare una delle più affascinanti testimonianze della civiltà etrusca, l'antica città di Vulci.
Un breve percorso porta al suggestivo Laghetto del Pellicone e si raggiunge la famosissima Tomba François, la Tomba delle Iscrizioni, ed ancora la Cuccumella, il più grande tumulo dell'Etruria Meridionale: si tratta dei più importanti ipogei della Necropoli orientale, posta sulla sponda sinistra del Fiora.
All'esterno del Parco si erge il maestoso Castello dell’Abbadia che dal 1975 è sede del Museo Nazionale Etrusco di Vulci, una raccolta di reperti etruschi, greci e romani provenienti dalle necropoli e dalla città di Vulci e non lontano si trova il suggestivo Ponte dell’Abbadia.
Lungo il fiume Fiora, non distante da Montalto si può visitare anche l’oasi WWF del lago di Burano ricchissima di specie animali e vegetali tipiche della Maremma Laziale.
Probabile terra di insediamenti villanoviani, come testimoniano i ritrovamenti archeologici di tombe scavate nelle pareti tufacee a picco databili dal VII e VI secolo a.C, Lubriano conobbe anche la dominazione romana, che ha lasciato, sparsi nelle campagne circostanti sporadici resti di impianti termali. Per tutto il V e VI secolo d.C. nel territorio di Lubriano si alternarono le dominazioni visigote, gote, e bizantine fino al lungo insediamento longobardo che durò dal 605 al 774. Fu annesso ai domini della Santa Sede e sin dal X secolo fu feudo dei Monaldeschi.
Il simbolo del paese è il settecentesco Palazzo Monaldeschi; da vedere, sono anche la Torre Monaldeschi, ciò che rimane dell’antico castello medievale, la Chiesa di Santa Maria del Poggio, uno dei pochi esempi di architettura barocca della zona, e il suggestivo panorama sulla Valle dei Calanchi. Nella Parrocchiale di San Giovanni sono custoditi resti di affreschi risalenti al XIII secolo.
Tuscania è situata su un vasto pianoro tufaceo solcato dal fiume Marta tra Viterbo, il Lago di Bolsena e le coste tirreniche di Tarquinia ed è racchiusa entro una cinta muraria risalente al XIV secolo ancora oggi in ottimo stato. Le origini della città risalgono al Protovillanoviano (1100 a.C.) quando sull'attuale colle di San Pietro si insediò il nucleo etrusco più antico.
La necropoli più famose sono quella della Madonna dell’Olivo (Tombe Curunas, Grotta della Regina, il sarcofago delle Amazzoni), il sepolcreto di Pian di Mola, la Necropoli della Peschiera e il complesso funerario dell’Ara del Tufo. In questi siti sono stati ritrovati numerosi sarcofagi in nenfro la cui produzione rese Tuscania una delle città etrusche più famose della zona.
La penetrazione romana che si stabilizzò verso il 285 a.C. con l'occupazione della Tuscia trova il centro nella condizione ideale per essere adottato quale caposaldo a controllo del vasto territorio, di cui occupa la posizione centrale, facilitata dal potenziamento di quella direttrice stradale etrusca, che, nel 225 a.C., venne elevata al rango di Via consolare romana, con il nome di "Clodia". Ancora oggi sono visibili tracce di opere idrauliche e abitative di età imperiale conosciute come i “Bagni della Regina”.
Nel VI secolo fu occupata dai Longobardi e nell’VIII secolo entrò a far parte del Patrimonio della Chiesa. Nel XIII secolo divenne Comune con i suoi statuti e le tipiche magistrature comunali e e furono costruiti nuovi monumenti pubblici come il Palazzo comunale del Rivellino accanto a cui oggi si trova l’omonimo teatro. Nel Trecento fu contesa tra la Santa Sede e i prefetti di Vico e in seguito a un atto di ribellione al Papa Bonifacio VIII le venne dato il nome di “Toscanella” (quello attuale lo riottenne nel 1911). Nel 1495 fu assediata e saccheggiata dalle truppe francesi di Carlo VIII ma si riprese divenendo un modesto centro dello Stato Pontificio e nel corso dei secoli successivi vide affluire una grande quantità di ricchezza derivante dalla terra e dall'allevamento. I ricchi proprietari di terre e di bestiame investirono notevoli somme per costruire i loro palazzi tardo-rinascimentali. Parallelamente gli amministratori comunali decorarono la città con artistiche fontane barocche e le strade vennero quasi totalmente pavimentate.
La storia "antica" di Tuscania termina il 6 febbraio 1971 quando la cittadina fu colpita da un fortissimo terremoto. Con la ricostruzione nacque l’attuale paese.
Sul colle alla fine della passeggiata fuori le mura si possono vedere la Chiesadi Santa Maria del Riposo e l'ex convento francescano ora adibito a Museo Nazionale Etrusco in cui si trova una raccolta quasi completa dei sarcofagi e delle suppellettili della famiglie tardo etrusche Curunas e Vipinana, rappresentative dei modi di vita e dei costumi di questa parte dell'Etruria nei secoli IV e III a. C..
I gioielli più noti di Tuscania sono la Chiesa di San Pietro con la facciata duecentesca a tre portali e con un maestoso interno in cui ancora si trova un ciborio piramidale, le pareti con affreschi di scuola romana e una grandiosa cripta risalente all’XI secolo, l’altra è la Chiesa di Santa Maria Maggiore con una suntuosa decorazione pittorica della parete di fondo raffigurante il Giudizio Universale. Entrambe furono costruite intorno all’XI secolo alla sommità del colle di San Pietro a cavallo della via Clodia, antica posizione strategica dell’abitato.
Di notevole bellezza è anche la rinascimentale Cattedrale di San Giacomo su Piazza del Duomo, la Chiesa di Santa Maria delle Rose, la Chiesa di San Marco, la Chiesa di San Francesco e la Chiesa di San Silvestro.
Tra i palazzi più importanti vanno ricordati i seguenti Palazzo Baronale, i resti di Palazzo Tartaglia e Palazzo Quaglia, Palazzo Fani, Palazzo Fani-Ciotti, Palazzo Giannotti, il Palazzo Vescovile, Palazzo Tozzi.
Tra le fontane più belle c’è quella delle Sette Cannelle, Fontana Grande, Fontana di Parco Torre di Lavello e Fontanella Giannotti.
Suggestivi, sempre all'interno della mura, i panorami che si osservano dal Belvedere, da piazza Tor di Lavello e dal Monastero di San Paolo.
Non lontano da Tuscania si trova la Riserva Naturale, un’area protetta con un tipico esempio di sughereta dove è possibile trovare un sottobosco ricco di orchidee.
Tuscania è stato il paese natale del pittore Giuseppe Cesetti (Tuscanica 1902-1990) e dei Campanari, una famiglia di impresari e archeologi di Tuscania del XIX secolo. Il padre Vincenzo, insieme ai figli Carlo, Secondiano e Domenico, avviò numerose campagne di scavo in vari centri dell'Etruria, che portarono, fra l'altro, al rinvenimento della tomba dei Vipinana. Notevole il lavoro di recupero svolto a Vulci nel biennio 1835-1837, i cui reperti si ammirano oggi nel Museo Etrusco Gregoriano di Roma.
Montefiascone si trova a 15 km da Viterbo ed è situato sulla S.S. Cassia che prosegue poi per Siena ed ancora fino oltralpe; a meno di 25 km c'è Orvieto che funziona da collegamento con l'autostrada Firenze-Roma. In località Zepponami c'è un piccolo scalo ferroviario sulla linea Viterbo-Orvieto-Roma. Il paese è posto in cima ad un colle sul fianco del cratere del Lago di Bolsena a 640 metri di altezza sul livello del mare e da questa posizione privilegiata si ha visione di un paesaggio ineguagliabile, che va dal Mar Tirreno alla Maremma, dai Monti dell'Umbria ai Cimini, dai Monti della Tolfa alla conca del lago con le sue bellissime isole Martana e Bisentina. La fertile vallata che lo contorna racchiude orti, uliveti, vigneti che danno luogo alla produzione vinicola dell'acclamato Moscatello denominato "Est!Est!!Est!!!"
Abitato sin dal tempo degli Etruschi, Montefiascone era considerato area sacra, forse sede del leggendario Fanum Voltumnae, centro politico e religioso, nel quale si riunivano i lucumoni etruschi. Le testimonianze romane sono cospicue ed in buone condizioni, legate fortemente alla consolare Cassia che fungeva da collegamento tra Roma, il centro d'Italia, il nord della Pianura Padana fino alla Francia (da qui l'appellativo "Via Francigena"). In virtù della posizione strategica della zona i Papi ed i Vescovi di Roma fecero fortificare il centro abitato nel quale confluirono dalle campagne molte persone per difendersi dalle frequenti incursioni barbariche; le mura furono dotate di un'imponente Rocca, nella seconda metà del 1200, ma, durante il Rinascimento, le esigenze militari resero necessarie molte modifiche alla struttura originale.
I lavori per la fortificazione dell’abitato proseguirono nei secoli e ad essi si interessarono molti pontefici; oggi la Rocca dei Papi, restaurata ed abbellita, è spesso utilizzata per manifestazioni culturali e sede del Museo dell’architettura di Antonio da Sangallo il Giovane. Dal 1058 fin quasi alla fine del 1500 a Montefiascone si susseguirono più di trenta papi diversi, imperatori e personaggi illustri. Questi vi soggiornarono per periodi più o meno lunghi, vi convocarono parlamenti o vi si recarono per i soggiorni estivi.
Altro monumento da visitare è la Cattedrale di Santa Margherita, facilmente individuabile da ogni parte della città, vista la sua grandezza; la sua maestosa cupola è, in effetti, la terza in Italia per il diametro interno, dopo San Pietro a Roma e Santa Maria del Fiore a Firenze. L'interno è riccamente decorato da pitture del 1800, oltre ad un busto in marmo raffigurante Santa Margherita, attribuito ad Arnolfo di Cambio. La grande cupola è opera di Carlo Fontana mentre le torri campanarie vennero aggiunte nel 1840 dall'architetto piacentino Paolo Gazola.
Dalla Cattedrale si giunge facilmente alla Basilica romanico-gotica di San Flaviano. Sorta nell'XI secolo sui pressi dell'antica chiesa di Santa Maria, questa costruzione presenta delle soluzioni architettoniche particolari, riuscendo a riunire, con risultato di raro equilibrio, le due diverse tendenze stilistiche. La struttura è quindi composta da due chiese sovrapposte ed orientate inversamente; la parte sottostante del 1032 è a tre navate decorate con affreschi che vanno dal XIV al XVI secolo. La facciata, rivolta in direzione dell'antico percorso della Via Francigena, è arricchita da una loggia rinascimentale, dalla quale i papi apparivano per benedire la folla.
Nella terza cappella della navata sinistra della chiesa di San Flaviano è visibile una lapide in onore di Giovanni Defuk, nome legato alla storia del vino di Montefiascone.
Inoltre, da vedere, è anche la Chiesa di Sant’Andrea, la Porta Aldrovandi, dalla quale si accede al vecchio borgo e al Palazzo Comunale e al Palazzo Renzi.
Il paese di Proceno si trova tra il Monte Amiata e il Monte Rufeno al confine tra Lazio e Toscana e si dice che sia stato fondato dal re etrusco Porsenna che, assalito da un cinghiale, lo uccise e per questo motivo fece fondare il borgo che oggi ha come stemma proprio un cinghiale.
Molte centinaia di anni dopo Sant’Agnese Segni da Montepulciano compì uno dei suoi miracoli che la rendono ancora oggi un’amata patrona a cui la popolazione rimane devota e legatissima.
Poco prima dell’anno mille abbiamo delle tracce della nascita del castrum (castello o più propriamente luogo fortificato) con lo scopo di proteggere i propri abitanti dalle continue invasioni di quel periodo. Nel corso dei secoli Proceno fu assoggettato alla potenza orvietana, a quella imperiale e a quella papale e fu governato da grandi famiglie quali gli Orsini, gli Sforza che ne acquistarono la signoria intorno all’anno 1433. Dalla famiglia Sforza si passò a quella dei Mozzanti e infine ai Selvi prima di tornare per l’ultima volta sotto il dominio dello stato pontificio per restarci fino all’unità d'Italia.
Il centro storico di Proceno è suddiviso in rioni, dove tuttora vive la maggior parte della popolazione. I rioni più grandi sono: il Centro, situato nel cuore del paese in cui sorgono la piazza principale, il municipio ed il cinquecentesco Palazzo Sforza fatto costruire dal cardinale Guido Ascanio Sforza, il rione la Porta ai piedi della Rocca, che prende il nome da una delle tre porte (Porta Fiorentina) che in passato davano accesso a Proceno; la Verdura, rione che, sviluppato lungo la sua via principale, via della pace, conduce alla piazza centrale e che ha come massimo punto di interesse la Chiesa di San Martino, meglio conosciuta dai procenesi come "chiesa dei frati" dove un tempo vi sorgeva un convento; il Salaiolo, rione che sorge proprio nel cuore del paese e che prende il nome dal minerale, il salaiolo, di cui è costituito prevalentemente il sottosuolo. C’è anche il rione Poggio dove è situata la piccola Chiesa di Sant’Agnese Segni e l'orto dei miracoli infine il rione Bottino presso il quale sorge tuttora una parte di muro di cinta e la seconda delle tre porte di accesso al paese.
Da vedere è la cinquecentesca Chiesa di Santa Maria del Giglio che conserva gli affreschi della Scuola degli Zuccari, la Chiesa del Santissimo Salvatore, la Chiesa della Madonna delle Piane, la Chiesa di San Giovanni Battista e la Rocca medioevale lungo la via Francigena.
Situato nel cuore della Maremma, l’antico Castrum Montis Alti uscì dalla leggenda ed entrò nella storia solo nell'852 d.C. quando in una bolla di Papa Leone IV, comparve, per la prima volta, il nome Montis Alti. Fin dal Medioevo fu importantissimo per il porto nei pressi della foce del fiume Fiora. Il centro storico raggiunse la sua massima espansione urbanistica nel Trecento e Montalto diventò un territorio ambito e fu conteso da Papi e da ricche famiglie locali quali gli Orsini, i Farnese e i Prefetti di Vico. Nel 1421 papa Martino V, interessato a mantenere nella zona un centro abitato per sorvegliare la Dogana dei Pascoli, scrisse una bolla in favore del ripopolamento della zona. Da questo momento il territorio di Montalto si legò indissolubilmente al sistema agro-pastorale, alla transumanza e al lavoro stagionale. Per volontà di Papa Paolo III, il 22 dicembre 1535 il paese di Montalto e il suo territorio venne concesso in feudo a Pier Luigi Farnese, suo figlio ed entrò a far parte del Ducato di Castro fino alla sua dissoluzione avvenuta nel 1649. I secoli successivi furono molto difficili e la ripresa del paese avvenne solo dopo le due guerre mondiali. Oggi è una ridente cittadina costiera conosciuta per la bellezza delle sue spiagge alle quali si accede attraversando ampi tratti incontaminati di macchia mediterranea.
L'abitato è dominato dal Castello Guglielmi, il cui nucleo più antico è costituito dall'imponente torre quadrangolare. Costruito probabilmente nel XV secolo dagli Orsini, come ricordato dalla lapide posta sulla torre, il castello subì in seguito numerose ristrutturazioni.
Tra le chiese più rinomate si può vedere la Chiesa di Santa Croce, la Chiesa di Santa Maria Assunta al cui interno, in una teca, sono conservate le reliquie di Quirino e Candido, santi patroni di Montalto. In piazza Giacomo Matteotti si trova il Palazzo del Comune. La struttura, sorta in origine come convento francescano, venne successivamente trasformata in fortezza dai Farnese e inglobata nella cinta muraria.
Fuori del centro storico, in prossimità della via Aurelia, si incontrano le settecentesche Fontane delle Tre Cannelle e del Mascherone, entrambe con lunghe epigrafi sormontate dallo stemma del Comune. Lungo la strada per Marina di Montalto si può notare, sulla sinistra, la Chiesa di San Sisto, costruita dai frati Agostiniani forse nel XIII secolo, e in seguito trasformata prima in lazzaretto e quindi in ospedale.
Percorrendo l'Aurelia, dopo aver superato la frazione di Pescia Romana, si arriva al Palazzo del Chiarone, l'ex dogana pontificia. Munito di circa 90 stanze, con tanto di appartamento papale, stalle e prigione, risulta oggi, purtroppo, completamente abbandonato.
Montalto è anche famosa per la centrale nucleare di Pian dei Cangani (a circa 2 km), rimasta incompiuta e oggi attrazione di archeologia industriale.
A circa 13 km si trova il Parco Naturalistico Archeologico di Vulci dove è possibile ammirare una delle più affascinanti testimonianze della civiltà etrusca, l'antica città di Vulci.
Un breve percorso porta al suggestivo Laghetto del Pellicone e si raggiunge la famosissima Tomba François, la Tomba delle Iscrizioni, ed ancora la Cuccumella, il più grande tumulo dell'Etruria Meridionale: si tratta dei più importanti ipogei della Necropoli orientale, posta sulla sponda sinistra del Fiora.
All'esterno del Parco si erge il maestoso Castello dell’Abbadia che dal 1975 è sede del Museo Nazionale Etrusco di Vulci, una raccolta di reperti etruschi, greci e romani provenienti dalle necropoli e dalla città di Vulci e non lontano si trova il suggestivo Ponte dell’Abbadia.
Lungo il fiume Fiora, non distante da Montalto si può visitare anche l’oasi WWF del lago di Burano ricchissima di specie animali e vegetali tipiche della Maremma Laziale.
Di origine etrusca, appartenuta agli Orsini, ai Colonna e ai Vitelleschi, Soriano si trova su un’altura dominata dal massiccio Castello Orsini, fatto erigere da papa Nicolò III Orsini nel XIII secolo che scelse questo luogo come residenza estiva. Intorno al castello sorge l'antico borgo medievale, ancora in ottimo stato, con stretti vicoli e vie intersecantesi nella irregolarità planimetrica in cui domina la Torre dell’Orologio. Nella parte rinascimentale del paese si trova il bellissimo Palazzo Albani-Chigi (XVI secolo), considerato uno dei maggiori capolavori dell'architetto Ottaviano Schiratti, assieme alla famosissima Fontana Papacqua. Nella piazza si trova la Collegiata di San Nicola risalente alla fine del Settecento. Di impianto settecentesco anche la Chiesa di Sant'Eutizio al cui interno si trova un pregevole oleario marmoreo attribuito ad Andrea Bregno. Nella Chiesa di Sant'Agostino (o della Santissima Trinità, XVIII secolo) la volta fu affrescata nel Settecento da Taddeo Kunds.
Non lontano dall’abitato si può vedere la Chiesetta romanica di San Giorgio Soriano è circondata dai famosi Monti Cimini con i loro secolari ed ombrosi castagneti, la stupenda e maestosa faggeta al cui ingresso si trova il maestoso "sasso naticarello", un enorme macigno ovoidale che si regge in bilico da secoli su una stretta base di appoggio… “miracolo della natura”, lo definì Plinio il vecchio. Questa zona è la meta ideale per chi ama la natura e la tranquillità, ma anche per chi vuole dedicarsi a lunghe escursioni o alle semplici passeggiate a piedi, a cavallo o in mountain bike.
La Selva di Malano è la zona archeologica di più rilevante interesse dell'intero territorio. Sita in una vasta superficie piuttosto accidentata, non è sfortunatamente raggiungibile con facilità. La Selva è costellata da tombe a fossa con sagoma umana, tombe etrusche a camera, are, urne cinerarie e sarcofagi. Di particolare interesse è il Sasso del predicatore e la Tomba del re e della regina.
Viterbo è una delle più belle città della Tuscia. Le prime tracce di presenza umana in questo territorio risalgono al Neolitico ed Eneolitico. Fu uno dei centri etruschi più rinomati della zona. A partire dal III secolo d.C con il dominio dei Romani fu aperta la via consolare Cassia. A Viterbo passarono importanti personaggi storici quali il re dei Longobardi Desiderio, Federico I Barbarossa, Federico II e fu contesa a lungo tra Impero e Papato, tra le due fazioni guelfi e ghibellini ed è stata per secoli luogo di sosta lungo la Via Francigena. Tra il 1261 e 1281 Viterbo divenne sede papale e per questo motivo Viterbo è chiamata la Città dei Papi. Tra il 1268 e 1271 ci fu il famoso conclave che durò 33 mesi alla fine dei quali fu eletto papa Gregorio X. In questa occasione il capitano del popolo, Raniero Gatti, vedendo che i cardinali non riuscivano ad eleggere il nuovo papa, li chiuse a chiave e razionò i viveri. Da qui il termine conclave (cum clave: chiuso a chiave).
È caratterizzata da un quartiere medievale, da chiese, chiostri, torri, da una cinta muraria di 4 km costruita tra il 1095 e il 1268. Le fontane in peperino si dispongono nelle piazzette di fronte ad una chiesa.
Il nucleo storico iniziò a svilupparsi verso l'anno Mille intorno all'antica Castrum Viterbii sul Colle del Duomo, dove attualmente si trova il monumento più importante della città, Palazzo papale costruito nel XIII secolo. Non distante, sulla piazza omonima sorge la Cattedrale di San Lorenzo. Attualmente si presenta come il frutto di una lunga serie di interventi diversi che hanno notevolmente modificato il suo impianto originario romanico. Al suo interno è collocata la copia della Madonna della Carbonara del XII secolo, protettrice degli sposi e delle famiglie cristiane, il cui originale oggi è esposto nel Museo del Colle del Duomo e il monumento funebre di papa Giovanni XXI. Altri importanti monumenti sono la Casa di Valentino della Pagnotta, Palazzo Farnese, la Rocca Albornoz che accoglie il Museo Nazionale Estrusco, Palazzo Chigi, Palazzo Gatti, Palazzo Mazzatosta, Palazzo Brugiotti che è sede del Museo della ceramica, Palazzo Poscia, Caffè Schenardi, uno tra i caffè storici più belli d'Italia.
Tra le chiese più importanti si ricordano la Chiesa di Santa Maria in Gradi, la Chiesa di San Francesco alla Rocca, la Chiesa della Trinità, la Chiesa di Santa Giacinta Marescotti, la Chiesa di San Silvestro detta del Gesù, famosa perché qui fu ucciso Enrico di Cornovaglia, cugino di Edoardo d’Inghilterra da parte di Guido Monfort nel 1271. Questo episodio venne ricordato da Dante nella Divina Commedia. La Chiesa di San Pellegrino, la Chiesa di San Giovanni Battista detta del Gonfalone, la più antica è la Chiesa di Santa Maria Nuova, la Chiesa di San Sisto, la Chiesa di Santa Maria del Suffragio, la Chiesa di San Marco, la Chiesa di Santa Rosa, la Chiesa di Santa Maria in Poggio detta della Crocetta, la Chiesa di San Giovanni in Zoccoli, la Chiesa di Santa Maria della Pace, la Chiesa di Santa Maria della Verità accanto alla quale si trova il Museo civico, la Chiesa dei Santi Faustino e Giovita, la Chiesa della Trinità, la Chiesa di Santa Maria della salute, la Chiesa di Sant’Andrea.
Il quartiere medievale di San Pellegrino è la parte più suggestiva della città. Qui si trovano case costruite su tufo a uno o due piani e prive di fondazioni, il seminterrato è scavato nel tufo con le parti addossate allo scavo e la copertura è caratterizzata da volta a botte con arco ribassato. I muri sono realizzati con blocchi di pietra squadrati e ci sono i “profferli”, la loggia per ospitare la bottega. Un altro tipo di abitazione era la “casa a ponte” che univa i due fabbricati, separati da una strada, all’altezza del primo o secondo piano. Qui si trovano botteghe di antiquari, restauratori, artisti e spesso si organizzano mercatini di antiquariato.
Il Palazzo degli Alessandri si trova a San Pellegrino ed è un edificio del XIII secolo, a tre piani che presenta un'interessante variante del tipico profferlo viterbese, che invece di essere realizzato all'esterno dell'edificio, come avviene nella consueta e diffusa tipologia, è costruito all'interno del muro perimetrale del palazzo. La scala è fiancheggiata da un parapetto, decorato da un motivo ornamentale a stelle poliedriche.
Di notevole interesse sono Fontana Grande e Fontana di Piazza della Rocca.
Sulla centralissima Piazza del Comune si trovano il Palazzo del Governatore (oggi sede del Comune), costruito sotto Pio II nel 1460, il Palazzo dei Priori e il Palazzo del Podestà con la Torre dell’Orologio del 1487 e la Chiesa di Sant’Angelo in Spatha. Divenne il cuore del potere civico ed ecclesiastico, qui si radunavano le truppe, avvenivano esecuzioni, i palii, si pesavano il grano e la farina, c’erano le carceri, i tribunali, le scuole, la sede dell’università.
Tra le piazze più caratteristiche di Viterbo Piazza va ricordata Piazza delle Erbe, chiamata in questo modo perché nell’Ottocento c’era il mercato degli ortaggi.
Di notevole importanza è anche il Teatro dell’Unione, opera di fine Ottocento realizzata da Virginio Vespignani grazie ai finanziamenti della Società dei Palchettisti più tardi chiamata dell’Unione.
Tra le più importanti porte di accesso alla città si ricorda Porta Romana, Porta della Verità o dell’Abate, Porta del Carmine o di Pianoscarano, Porta Fiorentina, Porta Bove, Porta Faul o Farnesiana, Porta San Pietro o salicicchia.
Il parco pubblico più rinomato di Viterbo è Prato Giardino, un passeggio signorile per gli abitanti di Viterbo in cui si trovano fontane, laghetti, viali circondati da statue marmoree.
L’attrazione più importante di Viterbo sono le terme. Secondo un’antica leggenda Ercole, di passaggio nell’Etruria, fu sfidato dai lucumoni etruschi a dare prova della sua forza, quindi l’eroe conficcò un enorme palo da cui scaturì acqua bulicante, prodigio da cui deriva il nome Bulicame, uno dei punti termali più rinomati. I patrizi romani venivano a curarsi qui e grandi scrittori quali Tibullo, Simmaco, Marziale, Scribonio Largo, Stradone nelle loro opere descrissero le acque curative di Viterbo. In epoca medievale le terme divennero meta privilegiata di molti pontefici. Fu Papa Gregorio IX nel 1235 il primo a venire a Viterbo per curarsi, seguito da Papa Bonifacio IX che nel 1404 decise di curarsi, con le acque e i fanghi, i "gravi dolori delle ossa". Le Terme si chiameranno "dei Papi" soprattutto per l'intervento di un terzo pontefice: Niccolò V. Egli trovò tale beneficio nelle cure dei suoi mali con queste acque, che nel 1450 fece costruire sul posto uno splendido palazzo, così da potervi soggiornare in caso di necessità. Questa costruzione fu chiamata il "Bagno del Papa". In seguito, Papa Pio II promosse altri lavori di ristrutturazione e ammodernamento dell'importante edificio termale.
Di grande valore sono le testimonianze di poeti e artisti importanti. Nella Divina Commedia Dante Alighieri ricorda più volte il Bullicame ed in particolare nel XIV canto dell'Inferno: "Quale del Bulicame esce ruscello che parton poi tra lor le peccatrici tal per la rena giù sen giva quello ..." vv. 79-81.
Michelangelo Buonarroti, passando dai Bagni di Viterbo in uno dei suoi viaggi a Roma, fu colpito dalla bellezza delle Terme e ne fece due disegni a penna. Qui curò il “mal di pietra” ovvero i calcoli.
Al Bullicame si trovano le acque ipertermali con una temperatura di 55 gradi centigradi che escono da una sorgente che alimenta tre vasche. Le acque sono chimicamente classificate come sulfuree, solfato, alcalino, terrose, bicarbonato. Curano malattie respiratorie, vascolari, genitali femminili, servono alla riabilitazione e a problemi dermatologici.
Oggi esiste una struttura chiamata “Terme dei Papi”, situata nei pressi del Bullicame, convenzionate con il Sistema Sanitario Nazionale, che accoglie persone da ogni parte d’Italia e del mondo per le cure inalatorie, fangoterapia, Grotta, Irrigazioni vaginali, cure per vasculopatie periferiche. Inoltre, si possono fare trattamenti, con il solo addebito del ticket, dietro presentazione della ricetta del proprio medico di famiglia.
Non distante da Viterbo si trova la rinomata zona etrusca di Castel d’Asso e l’antica città romana di Ferento, distrutta dai viterbesi e dove ancora oggi si può visitare il teatro dove in estate viene organizzata una fiorente stagione teatrale.
Nel 1991 venne istituito l’Orto Botanico che comprende 6 ettari di terreno in cui crescono piante tipiche della macchia mediterranea, il pino d’Aleppo, la palma nana, la ginestra, il mirto, il leccio e c’è anche un giardino di piante officinali.
Stemma di Viterbo: il leone a destra coronato (partito ghibellino), la palma (città di Ferento distrutta dai viterbesi nel 1172), bandiera della Chiesa con le chiavi papali, l’asta tenuta in alto dalla zampa anteriore del leone con l’aquila bicipite, vessillo imperiale donato alla città da Federico I Barbarossa nel 1167.
Viterbo diede i natali a Santa Rosa da Viterbo.
Narra il mito che non lontano dal fiume Marta, in un luogo dove ancora restano i segni del più grande tempio etrusco che la storia ci abbia lasciato, accadde un evento fatale: da un solco appena aperto dall’aratro, balzò un essere divino, fanciullo nell’aspetto e vecchio nella saggezza, che rivelò agli Etruschi la disciplina della loro religione. Tarchon, al quale il fanciullo/vecchio che si chiamava Tagete era apparso, fondò nel luogo del prodigio una città sacra, alla quale dette il nome Tarchna, cioè Tarquinia. Un riflesso di questo splendore è ancora a tratti visibile nelle pitture murarie della sua necropoli, scavata nel macco dorato e ancora immersa nel colore.
L’attuale Tarquinia non si sovrappose all’etrusca Tarchna, ma nacque nell’alto medioevo, su una collina vicina. Del medioevo conserva tuttora l’aspetto arroccato e pietroso, racchiusa come è da una intatta cerchia di mura dalla quale torri, palazzi, e chiese si affacciano a guardare il mare. Per un millennio, fin quasi ai nostri giorni, questo paese ha avuto un altro nome: Corneto.
Intorno all’anno Mille, Corneto era una città marinara, prospera e aperta a tutte le esperienze culturali che le giungevano da terra e da mare.
Poco fuori dal centro storico sorge la Necropoli di Monterozzi con le sue circa seimila tombe scavate nel masso calcareo (macco), dipinte dal VI al II secolo a. C, è unica fra quelle etrusche fin dall’antichità. Le pitture delle tombe, oltre che ammirabili dal punto di vista artistico, documentano miti, tradizioni, personaggi e clan familiari. Alcune tombe che accolgono significative pitture parietali, sono attrezzate per la visita, con illuminazione e scale per la discesa. Tra le più note si ricordano la Tomba degli Auguri (530 a.C.), la Tomba del Barone (fine VI sec. a.C.), la Tomba della Caccia e Pesca (520-510 a.C.), la Tomba Cardarelli (fine VI sec. a.C), la Tomba dei Giocolieri (VI sec. a.C.), la Tomba delle Leonesse (fine VI sec. a.C.), la Tomba dei Leopardi (470 a.C.), la Tomba dell’Orco (IV sec. a.C.), la Tomba dei Tori (530 a.C.), la Tomba del Tifone (150 a.C.), la Tomba del Fiore di loto (prima metà dal VI sec. a.C.).
Intorno alla prima metà del 1400 Giovanni Vitelleschi, cardinale e condottiero, potentissimo plenipotenziario e massimo stratega della curia romana, fece erigere il famosissimo Palazzo Vitelleschi, di stile gotico-rinascimentale, ora sede del Museo Nazionale Archeologico Tarquiniense che accoglie l'elegante scultura fittile dei cavalli alati, famosa in tutto il mondo, rinvenuta nel 1936 nella località denominata Ara della Regina, e facente parte della decorazione del frontone del tempio dell'Acropoli, sarcofagi appartenenti a ricche famiglie etrusche, numerosi reperti e alcuni affreschi staccati dalle tombe decorate per poterli meglio conservare.
Nel Duomo di Tarquinia, nel presbiterio si conservano gli affreschi cinquecenteschi, una delle maggiori opere del pittore viterbese Antonio del Massaro detto il Pastura.
Tra le chiese più importanti si ricordano la Chiesa di San Martino, tuttora sede parrocchiale, la Chiesa di San Salvatore, di San Giacomo, dell’Annunziata, di Santa Maria in Valverde, di San Pancrazio, di San Giovanni Gerosolimitano e la Chiesa di San Francesco.
Molto bella Chiesa di Santa Maria in Castello, la chiesa romanica più grande della città, con l’abside rivolta verso il mare, fortezza agli occhi dei nemici, esempio di civiltà per i naviganti e i viaggiatori, oggi meta privilegiata di turisti e studiosi. Narrano i cronisti che la sua mole, la lucentezza di quella che fu la sua cupola, lo svettare dell’alta torre, servissero da riferimento alle navi che incrociavano il Tirreno.
Di rilevante importanza sono il Palazzo comunale e il Palazzo dei Priori che si trovano nel centro medievale tra archetti, case, profferli, palazzetti, monasteri e torri.
Sono le molte torri, infatti, a costituire la caratteristica più spettacolare del panorama tarquiniese. Alcune sono mozze, altre intatte; alcune si ergono isolate nelle piazze o nei prati, altre sono inglobate nelle dimore delle famiglie allora potenti.
Tarquinia deve il suo secolare prestigio alla vicinanza al famoso porto di Civitavecchia, all’antico porto Clementino e Gravisca, al litorale marino, alla campagna maremmana, ai vicini monti della Tolfa e Cimini, dell’Argentario e dell’Isola del Giglio. Non distante scorrono i fiumi Marta e Mignone e il torrente Arrone.
Non lontane si trovano le Saline, la cui costruzione risale ai primi del 1800; esse hanno assicurato per secoli l’approvvigionamento del sale alla città di Roma e furono anche colonia penale.
Le Saline sono attualmente costituite da un territorio di novanta ettari, 10 dei quali erano dedicati ai bacini salati, dove veniva raccolta l’acqua marina e 80 ai bacini evaporanti, dove si otteneva il sale. L’impianto sarebbe ancora produttivo, ma nel 1980 l’area delle Saline è diventata Riserva naturale di popolamento animale.
Le capacità ricettive di Tarquinia sono rinomate in tutta la penisola: le zone residenziali di Marina Velca con campi da golf e piscine, di Spinicci, Tarquinia Lido, Sant’Agostino, Riva dei Tarquinii e gli alberghi situati al centro offrono innumerevoli comfort.
Si possono praticare attività quali il bird watching, jogging, fare passeggiate in bicicletta, cavalcare, esercitare il tiro con l’arco, fare vela e windsurf, nuoto e pesca subacquea e partecipare all’attività dei circoli velici, andare a cavallo lungo i fiumi Marta e Mignone e si può risalire i fiumi in canoa o praticare il trekking, l’archeobike che insegna come cercare con la bicicletta le antiche vestigia.
Tarquinia ha dato i natali a Vincenzo Cardarelli uno dei più illustri scrittori e poeti del Novecento.
Civita Castellana è uno dei paesi più popolosi del viterbese, posto su due direttrici viarie importanti come la Cassia e la Flaminia. Sorge su un piano tufaceo dai pendii scoscesi che coincide con il sito originario della città di Falerii Veteres. Essa si trova in una posizione centrale rispetto al territorio, denominato anticamente Ager Faliscus, che è costituito in prevalenza da un tavolato di rocce ignimbritiche, nel quale il fiume Treia, tributario del Tevere, e gli altri affluenti minori hanno inciso con un lavorio incessante dirupi e vallate. Banchi di colate eruttive solidificate nel terreno hanno così prevalentemente donato il caratteristico aspetto rossastro definito comunemente "tufo rosso". Profonde e strette valli con pareti verticali a picco denominate "Forre" coperte di vegetazione delimitavano gli ampi pianori sovrastanti, fertili e difficilmente espugnabili da eventuali nemici. Nell'antichità questa terra fu abitata dai Falisci, un popolo italico, che raggiunse un notevole livello di civiltà. Fu assoggettata dai Romani e nel Medioevo fu contesa tra Impero e Papato. Alla fine del Quattrocento passò al cardinale Rodrigo Borgia, divenuto papa Alessandro VI.
Già dalla fine del Settecento a Civita Castellana si sviluppò l’attività industriale della ceramica che ancora oggi la rende famosa.
Nel centro storico si trova il Duomo eretto nel XII secolo e modificato nel Settecento caratterizzato da bellissime decorazioni in mosaico opera dei Cosmati, eccellenti marmorari romani; di notevole importanza è anche la cripta. A poca distanza si trova il Forte Sangallo, grand’opera militare voluta da papa Alessandro VI a difesa dello Stato Pontificio e della parte occidentale della cittadina, strategicamente più vulnerabile. Fu progettato e costruito sopra un banco tufaceo, sui precedenti resti di un’antica fortificazione da Antonio da Sangallo il vecchio (1456-1535), avvalendosi d’esperti collaboratori. Dal 1977 il piano nobile e gli appartamenti papali ospitano le sale del bellissimo Museo Nazionale Archeologico dell’Agro Falisco.
Da vedere sono anche il Palazzo Comunale, la Chiesa di Santa Maria del Carmine, la Fontana dei Draghi, la Chiesa di San Francesco, la Chiesa di San Gregorio Magno, la Chiesa di San Pietro e il settecentesco Ponte Clementino, commissionato da Clemente XI.
A circa 6 chilometri da Civita Castellana si intravedono, tra la vegetazione, i resti della città romana di Falerii Novi. Le imponenti mura, con varie porte, fra cui quella di Giove, di circa due chilometri costituiscono un mirabile esempio di cinta fortificata. Notevole la Chiesa romanica di Santa Maria di Falleri recentemente restaurata. Accanto alla chiesa si trovano i resti di un'antica abbazia cistercense.
Vignanello sorge sulle pendici collinari che dal Cimino scendono verso la valle del Tevere. L’abitato originario si è sviluppato su di un lungo colle disteso da oriente a occidente, delimitato da due vallate in cui scorrono modesti corsi d’acqua. L’abitato falisco si sviluppò fin dal IX secolo a.C. grazie ad una aggregazione di diverse popolazioni che stazionavano nel territorio circostante.
Nel corso dei secoli appartenne a diverse famiglie locali tra cui i Prefetti di Vico e Ildebrandina fino a che nel 1531, papa Clemente VII lo concesse in feudo perpetuo a Beatrice di Pier Bertoldo, del ramo di Latera della famiglia Farnese. Alla morte di questi le succedette nel governo del feudo la figlia Ortensia, sposata con Sforza Marescotti. Papa Paolo III conferì loro il titolo comitale ed il castrum di Vignanello venne così eretto a contea.
Tra il Seicento e il Settecento, sotto il dominio della famiglia Marescotti, iniziò un periodo di serenità per Vignanello. In questo periodo vennero costruiti i due borghi (San Sebastiano e Molesino), la porta che guarda a Vallerano, la Chiesa dei Santissimi Angeli Custodi, la casa del governatore. Il principe Francesco Maria Ruspoli, nel 1707 ospitò a Vignanello Georg Friedrich Händel, che qui compose e suonò delle cantate.
Nel 1870, con l’unità d’Italia, per Vignanello terminò il dominio della Stato Pontificio ed entrò così a far parte del Regno d’Italia.
Il monumento più rappresentativo è il Castello Baronale (o Palazzo Ruspoli), che venne edificato intorno al 1280, al tempo di papa Nicolò III e dei prefetti Di Vico. Il più radicale rinnovamento fu opera del primo conte di Vignanello, Sforza-Marescotto, nella metà del Cinquecento, secondo i progetti del Sangallo. All’interno del castello si trova un bellissimo “giardino all’italiana”.
Nella piazza prospettano il Palazzo Marescotti e la Collegiata di Santa Maria entro cui è collocata l'immagine della Madonna col Bambino, attribuita ad Annibale Carracci. Nella Chiesa di San Sebastiano è custodita una tela attribuita al Pomarancio (Incoronazione della Vergine, San Francesco e San Sebastiano) donata alla comunità nel 1626 da Sforza Vicino. In quella di San Giovanni è venerata una tela settecentesca dell'Immacolata.
Vignanello ha dato i natali a Clarice Marescotti (1589-1640), figlia di Marcantonio e Ottavia Orsini, beatificata nel 1726 e quindi canonizzata da Pio VII con il nome di Santa Giacinta nel 1807.
Piccolo centro agricolo situato tra i Monti Cimini e il Tevere, posto sulla via Amerina. Fin dai tempi remoti Bassanello veniva chiamato "Terra del Patrimonio di S. Pietro". I vari papi concessero poi il feudo di Bassanello a varie e potenti famiglie come gli Orsini, i Della Rovere, che lo ebbero in dote dal papa Giulio II per le nozze di Nicola Della Rovere con Laura Orsini. Nel 1534, alla morte di Nicola Della Rovere, il feudo passò nelle mani del figlio Giulio e, alla morte di questi, alla sorella Elena che aveva sposato Stefano Colonna. Con i Colonna iniziò un periodo stabile per Bassanello. Infatti i Colonna lo tennero fino ai primi del '700, dopo di che passò ai Colonna Barberini di Sciarra fino ai primi del secolo. Poi i beni di Bassanello passarono alla Banca d'Italia e da questa alla locale Università Agraria. Il castello fu poi acquistato nel 1907 dal Marchese Luigi Misciattelli che lo restaurò e vi impiantò una ceramica di pregevole fattura.
Sulla piazza principale di Vasanello, a protezione dell'antico borgo, si innalza il Castello Orsini risalente al XIII secolo, costruito in tufo, ha forma rettangolare, ed i suoi angoli sono difesi da quattro torri cilindriche mentre ai piedi del grande portone in ferro chiodato, sull’architrave di peperino spicca lo stemma dei Della Rovere (una quercia con le lettere I. R. lì collocato agli inizi del 1500, in occasione del matrimonio tra Nicola Della Rovere e Laura Orsini).
Tra le chiese più importanti c’è quella di Santa Maria Assunta, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie al cui interno sono custoditi interessanti affreschi del Pastura, la Chiesa del San Salvatore, la Chiesa della Madonna della Stella, la Chiesa di San Giuseppe e la Chiesa della Madonna del Rifugio (Sant'Antonio).
Tra i palazzi gentilizi che sorgono in un breve spazio intorno a piazza della Libertà, sono notevoli Palazzo del Modio e Palazzo Mercuri Pozzaglia, begli esempi di architettura rinascimentale. Da vedere è anche la Cappella di San Lanno, patrono di Vasanello e il Museo Civico.
Vasanello è famosa per le antiche fornaci ancora oggi situate nel centro storico, ognuna della quali ha due forni che un tempo venivano accesi due volte l’anno e ci lavoravano tre persone. Probabilmente le prime risalgono al XV secolo. Si producevano vasi, tegole, mattoni, pignatte, brocche e l’argilla usata proveniva da cave vicino al paese. Oggi è un’attività che sta scomparendo.
È un paese di origine etrusca che si trova vicino al fiume Mignone. Nel corso dei secoli fu dominato da diverse famiglie tra cui i Santacroce e gli Altieri. Nel centro storico si può ammirare il Castello con una forma triangolare e con un torrione a ogni angolo e mura munite di fortini. Nel borgo medievale si trovano la Chiesa di Santa Maria che accoglie una reliquia di Sant'Orsio e il corpo di Sant'Emilio, la cinquecentesca Chiesa dell’Assunta e la Cappella dei Santacroce, attribuita al Sangallo il Giovane, che custodisce i corpi di Onofrio, Scipione e Giorgio Santacroce.
A pochi chilometri dalla costa tarquiniese e dall’entroterra viterbese sorge Monteromano un piccolo borgo dall’aspetto sei-settecentesco, custode di importanti testimonianze, medioevali e rinascimentali. Il paese si è sviluppato intorno ad una strada (l’attuale Aurelia bis) ed è immerso in una valle posta ai piedi della Rotonda, una collina che presenta un aspetto inconfondibile nel paesaggio, per la sua cima formata da querce secolari disposte a corona. Per secoli questo boschetto ha custodito il segreto della vera origine di Monteromano: qui, infatti, nel punto più alto del territorio, sorgeva il primo nucleo abitato, l’antica Arx Montis Romani, un castello del XIII secolo, costruito in un periodo in cui l’attuale paese a valle ancora non esisteva. La sua elevata posizione gli ha garantito nel tempo, una naturale difesa ed un facile controllo sul vasto territorio circostante, nel quale confluivano alcune delle più importanti strade appartenenti al sistema viario etrusco-romano, come la Tarquiniense (o via Latina), e la Clodia. Appartenne alla famiglia dei Prefetti di Vico e fu uno dei centri più importanti della zona e nel Seicento divenne colonia agricola dell’Ospedale di Santo Spirito. Tra il Settecento e l’Ottocento avvenne un grande sviluppo edilizio che conferì al borgo una maggiore uniformità.
Nel centro storico si trova la Parrocchiale settecentesca affiancata dalla Fontana del Mascherone e poco distante si trova un Antiquarium ricavato in un ambiente delle vecchie carceri con reperti etruschi e romani rinvenuti nel territorio.
Lasciando alle spalle il centro storico e proseguendo in direzione sud-est, si raggiunge il Poggio della Rotonda (proprietà dell’Università Agraria di Monte Romano ). Il suo pregio paesaggistico-ambientale concorre, inoltre, a renderlo una delle mete più apprezzabili della zona. Percorrendo il “sentiero del parco della Rotonda”, si possono apprezzare le varie specie floreali che caratterizzano il territorio: il mandolo (Prunus amygdalus), il melo selvatico (Malus sylvestris), il biancospino (Crataegus monogyna), l’azzeruolo (Crataegus azarolus), dell’albero di Giuda (Censis siliquastrum), il rosmarino (Rosmarinus officinalis), l’olivo (Olea Europea) e il gelso (Morus platani foglia). Si giunge così alla vetta del colle, attrezzata con comode aree pic-nic e barbecue, ad cui godere del magnifico panorama che spazia dal mare, alla Valle del Mognone, fino all’entroterra Viterbese.
A pochi chilometri dall’abitato si trova la famosa Rocca Respampani la cui costruzione fu avviata, nel 1607, da Ottavio Tassoni d'Este, Precettore del Santo Spirito. L’edificio doveva ospitare il governatore e il suo seguito di funzionari ma nei secoli non fu mai terminato.
Non lontano da Monteromano in direzione di Vetralla si trova la Necropoli rupreste di Norchia, una suggestiva cerchia di tombe ipogee e a facciata scolpita disposte su gradoni naturali o artificiali che rappresenta uno degli esempi più importanti dell’architettura funeraria etrusca della zona.
Narra il mito che non lontano dal fiume Marta, in un luogo dove ancora restano i segni del più grande tempio etrusco che la storia ci abbia lasciato, accadde un evento fatale: da un solco appena aperto dall’aratro, balzò un essere divino, fanciullo nell’aspetto e vecchio nella saggezza, che rivelò agli Etruschi la disciplina della loro religione. Tarchon, al quale il fanciullo/vecchio che si chiamava Tagete era apparso, fondò nel luogo del prodigio una città sacra, alla quale dette il nome Tarchna, cioè Tarquinia. Un riflesso di questo splendore è ancora a tratti visibile nelle pitture murarie della sua necropoli, scavata nel macco dorato e ancora immersa nel colore.
L’attuale Tarquinia non si sovrappose all’etrusca Tarchna, ma nacque nell’alto medioevo, su una collina vicina. Del medioevo conserva tuttora l’aspetto arroccato e pietroso, racchiusa come è da una intatta cerchia di mura dalla quale torri, palazzi, e chiese si affacciano a guardare il mare. Per un millennio, fin quasi ai nostri giorni, questo paese ha avuto un altro nome: Corneto.
Intorno all’anno Mille, Corneto era una città marinara, prospera e aperta a tutte le esperienze culturali che le giungevano da terra e da mare.
Poco fuori dal centro storico sorge la Necropoli di Monterozzi con le sue circa seimila tombe scavate nel masso calcareo (macco), dipinte dal VI al II secolo a. C, è unica fra quelle etrusche fin dall’antichità. Le pitture delle tombe, oltre che ammirabili dal punto di vista artistico, documentano miti, tradizioni, personaggi e clan familiari. Alcune tombe che accolgono significative pitture parietali, sono attrezzate per la visita, con illuminazione e scale per la discesa. Tra le più note si ricordano la Tomba degli Auguri (530 a.C.), la Tomba del Barone (fine VI sec. a.C.), la Tomba della Caccia e Pesca (520-510 a.C.), la Tomba Cardarelli (fine VI sec. a.C), la Tomba dei Giocolieri (VI sec. a.C.), la Tomba delle Leonesse (fine VI sec. a.C.), la Tomba dei Leopardi (470 a.C.), la Tomba dell’Orco (IV sec. a.C.), la Tomba dei Tori (530 a.C.), la Tomba del Tifone (150 a.C.), la Tomba del Fiore di loto (prima metà dal VI sec. a.C.).
Intorno alla prima metà del 1400 Giovanni Vitelleschi, cardinale e condottiero, potentissimo plenipotenziario e massimo stratega della curia romana, fece erigere il famosissimo Palazzo Vitelleschi, di stile gotico-rinascimentale, ora sede del Museo Nazionale Archeologico Tarquiniense che accoglie l'elegante scultura fittile dei cavalli alati, famosa in tutto il mondo, rinvenuta nel 1936 nella località denominata Ara della Regina, e facente parte della decorazione del frontone del tempio dell'Acropoli, sarcofagi appartenenti a ricche famiglie etrusche, numerosi reperti e alcuni affreschi staccati dalle tombe decorate per poterli meglio conservare.
Nel Duomo di Tarquinia, nel presbiterio si conservano gli affreschi cinquecenteschi, una delle maggiori opere del pittore viterbese Antonio del Massaro detto il Pastura.
Tra le chiese più importanti si ricordano la Chiesa di San Martino, tuttora sede parrocchiale, la Chiesa di San Salvatore, di San Giacomo, dell’Annunziata, di Santa Maria in Valverde, di San Pancrazio, di San Giovanni Gerosolimitano e la Chiesa di San Francesco.
Molto bella Chiesa di Santa Maria in Castello, la chiesa romanica più grande della città, con l’abside rivolta verso il mare, fortezza agli occhi dei nemici, esempio di civiltà per i naviganti e i viaggiatori, oggi meta privilegiata di turisti e studiosi. Narrano i cronisti che la sua mole, la lucentezza di quella che fu la sua cupola, lo svettare dell’alta torre, servissero da riferimento alle navi che incrociavano il Tirreno.
Di rilevante importanza sono il Palazzo comunale e il Palazzo dei Priori che si trovano nel centro medievale tra archetti, case, profferli, palazzetti, monasteri e torri.
Sono le molte torri, infatti, a costituire la caratteristica più spettacolare del panorama tarquiniese. Alcune sono mozze, altre intatte; alcune si ergono isolate nelle piazze o nei prati, altre sono inglobate nelle dimore delle famiglie allora potenti.
Tarquinia deve il suo secolare prestigio alla vicinanza al famoso porto di Civitavecchia, all’antico porto Clementino e Gravisca, al litorale marino, alla campagna maremmana, ai vicini monti della Tolfa e Cimini, dell’Argentario e dell’Isola del Giglio. Non distante scorrono i fiumi Marta e Mignone e il torrente Arrone.
Non lontane si trovano le Saline, la cui costruzione risale ai primi del 1800; esse hanno assicurato per secoli l’approvvigionamento del sale alla città di Roma e furono anche colonia penale.
Le Saline sono attualmente costituite da un territorio di novanta ettari, 10 dei quali erano dedicati ai bacini salati, dove veniva raccolta l’acqua marina e 80 ai bacini evaporanti, dove si otteneva il sale. L’impianto sarebbe ancora produttivo, ma nel 1980 l’area delle Saline è diventata Riserva naturale di popolamento animale.
Le capacità ricettive di Tarquinia sono rinomate in tutta la penisola: le zone residenziali di Marina Velca con campi da golf e piscine, di Spinicci, Tarquinia Lido, Sant’Agostino, Riva dei Tarquinii e gli alberghi situati al centro offrono innumerevoli comfort.
Si possono praticare attività quali il bird watching, jogging, fare passeggiate in bicicletta, cavalcare, esercitare il tiro con l’arco, fare vela e windsurf, nuoto e pesca subacquea e partecipare all’attività dei circoli velici, andare a cavallo lungo i fiumi Marta e Mignone e si può risalire i fiumi in canoa o praticare il trekking, l’archeobike che insegna come cercare con la bicicletta le antiche vestigia.
Tarquinia ha dato i natali a Vincenzo Cardarelli uno dei più illustri scrittori e poeti del Novecento.
Le origini del centro della bassa Tuscia risalgono al primo millennio d.C. Sembra che il primo castello sia stato edificato dai Sutrini tra il 1157 ed il 1175. Il primo Signore di Bassano, del quale si è avuto conoscenza, fu un certo Riccardo di Puccio (1354). Nel secolo successivo, il possedimento del feudo è diviso tra la famiglia Anguillara e i Savelli. Solo alla fine del XVI secolo, Bassano conoscerà una stabilità governativa con l’acquisto del feudo da parte di Giuseppe Giustiniani. Il feudo è eretto a “marchesato” da Paolo V nella persona di Vincenzo, figlio di Giuseppe, e a “principato” da Innocenzo X. Nel secolo XVII, ad opera dei Giustiniani, il paese fu oggetto di un’importante trasformazione urbanistica attraverso l’intervento di un vero e proprio piano regolatore concepito e realizzato in parte secondo il gusto del tempo.
I Giustiniani posseggono il feudo di Bassano fino al 1854, data in cui viene acquistato dalla famiglia Odescalchi.
Nel centro storico si trova il Palazzo Giustiniani-Odescalchi costruito dagli Anguillara e poi trasformato in villa signorile dai Giustiniani. All’interno si trovano affreschi di Antonio Tempesta, degli Zuccari.
Da vedere sono anche la Chiesadi San Vincenzo martire e la Chiesa di San Vincenzo martire e la Chiesa di Santa Maria Assunta in Cielo.
Castiglione in Teverina è una ridente cittadina ai confini tra Lazio ed Umbria, posta sopra una collina che si affaccia sulla valle del Tevere. Il suo territorio è stato abitato da Villanoviani ed Etruschi. L’attuale abitato è sorto intorno all’Anno Mille attorno ad una Rocca e nel 1351 vi furono trasferiti gli abitanti della distrutta Paterno. Nel Medioevo fu feudo dei Monaldeschi della Cervara e dei Savelli. Ceduto ai Farnese nel 1539, fece parte del ducato di Castro fino al 1637.
I monumenti più importanti del paese sono la Rocca Monaldeschi risalente al XII secolo: il panorama offerto da questa struttura è però di particolare bellezza ed effetto, infatti è possibile osservare le meravigliose valli, le campagne e le colline. Da vedere sono anche la Chiesa della Madonna delle Macchie, la Chiesa di San Rocco e la Collegiata di San Filippo e Giacomo che conserva un artistico crocifisso quattrocentesco.
Degna di nota è la Chiesa Campestre della Madonna delle Nevi che sorge appena fuori dal paese, fu costruita durante il 1500 per volontà di Alessandro VI.
Fuori dell’abitato si trova il Lago di Alviano considerato oasi WWF.
Situata presso il confine sud-est della provincia di Viterbo, a 5 km dalla s.s. Flaminia e a 15 dalla s.s. Cassia, Faleria sorge su un colle di tufo di forma triangolare scavato dalla confluenza del torrente Treia e del torrente Mola. Pur collocandosi in pieno territorio falisco, Faleria non si identifica con l’antica “Falerii Veteres”, distrutta dai romani nel 241 a.C., che sorgeva a circa 15 km , né con “Falerii Novi” ricostruita poco distante. Ebbe invece il nome di “Stabla” (poi “Stabbia” o “Stabia”), che denota un’antica stazione per il cambio dei cavalli (stabulum o mutatio stradale). La denominazione attuale del paese è attestata dal 1873. Nel Medioevo fu costruito il Castello Anguillara.
La Chiesa più importante di Faleria è dedicata al patrono San Giuliano Ospitaliere, l’altra è la Chiesa della Madonna Pietrafitta.
Capranica è una cittadina di fondazione etrusca sviluppatasi sopra uno sperone di tufo. L’abitato etrusco fu poi conquistato dai romani che vi stabilirono un presidio militare. Qui si trovano le acque ferruginose-alcaline, efficaci nelle affezioni dello stomaco e dell'intestino, apprezzate da Petrarca nel suo soggiorno del 1337, ospite di Orso Anguillara. A poca distanza dall’abitato s’innalza la mole verdeggiante del Monte Fogliano, ricco di cerreti, faggeti e castagneti.
Un nuovo abitato fondato più a nord dai romani venne chiamato Vico Matrino: il suo territorio era attraversato dalla Via Cassia, importante arteria che collegava (ed ancora collega) Roma con Viterbo, così da consentire il veloce transito delle merci qui prodotte e smerciate nei centri maggiori. Capranica costituì un importante presidio della Santa Sede ma ebbe a soffrire nei secoli diverse invasioni: vi giunsero i Longobardi ed i Franchi (da qui passò Carlo Magno, che poi a Roma sarebbe stato incoronato imperatore); fu terrorizzata da briganti e dalle truppe dei signori feudali che ne disputarono il possesso alla Santa Sede.
Feudo degli Anguillara, passò poi ai Di Vico per ritornare agli antichi Signori. Scacciati gli Anguillara nel 1465, la popolazione fece atto di dedizione al Papa, ricevendone in cambio esenzioni e benefici. Il governo della Santa Sede fu gestito attraverso la nomina di governatori cardinali, l’ultimo dei quali fu il cardinale Alderano Cybo: a partire dal 1676 fu affidata a governatori laici che si successero per circa un secolo, fino alla conquista napoleonica. Vi passò Mazzini, diretto a Roma ed infine dalle milizie del Re d’Italia, che vi entrarono il 17 settembre 1870.
Tra i monumenti più importanti c’è il Duomo cinquecentesco, la neoclassica Chiesa di Santa Maria di Virginio Vespignani, la Chiesa di San Terenzio al Monte, la Chiesa di San Pietro Apostolo, la Chiesa della Madonna delle Grazie, la Chiesa di San Francesco, la Chiesa di San Rocco e la Chiesa della Madonna del Piano.
Paese di origine etrusca, castrum romano e poi centro urbano fortificato nella parte più meridionale della "Tuscia Longobardorum", Vitorchiano vanta una storia secolare influenzata a lungo dalla politica espansionistica della vicina e potente Viterbo. Fu sempre fedele a Roma e per questo motivo fu chiamata "Terra Fedelissima all'Urbe", che le riconobbe ampie esenzioni fiscali, le consentì di aggiungere al proprio stemma la sigla S.P.Q.R., di fregiarsi della Lupa Capitolina e di usare il motto "Sum Vitorclanum castrum membrumque romanum", cioè Vitorchiano, castello e parte di Roma. Il privilegio più importante fu rappresentato dall'onore di fornire gli uomini per la guardia capitolina. Essi furono denominati "Fedeli di Vitorchiano". Questo privilegio è stato costantemente esercitato da Vitorchiano dal 1267 fino ai nostri giorni. Ancora oggi è possibile ammirare la Guardia del Campidoglio nei costumi che, secondo la tradizione, furono disegnati da Michelangelo Buonarroti, nelle manifestazioni ufficiali del comune di Roma.
Vitorchiano è un centro ricco di storia e di millenarie tradizioni. La sua posizione ardita, su uno sperone di roccia circondato su tre lati da fosse e burroni profondi, fa del suo borgo antico uno dei più spettacolari e significativi esempi di centri fortificati della Tuscia. Alla posizione straordinaria e quasi irreale, si deve aggiungere un centro storico medievale ottimamente conservato, che conserva immutato il fascino di un tempo remoto. Il tessuto urbano è un intrigo di vie, vicoli e piazzette dove si affacciano chiese, torri e le antiche abitazioni con le loro caratteristiche scale esterne (profferli). Unica via d’accesso al paese è Porta Romana e in centro si trova la Casa del Podestà e il Palazzo Comunale, che conserva una interessante raccolta di manoscritti, bolle e pergamene, fra cui un'ordinanza sulle norme del vassallaggio risalente al 1267, la Chiesa di Santa Maria Assunta e il complesso dell'ex Convento di Sant'Agnese.
Poco fuori dall'abitato, all'inizio della strada per Viterbo, si incontra la Chiesa di San Nicola (annessa al monastero di Santa Maria delle Grazie).
Fuori dal borgo si trova un Moai, una delle gigantesche statue in pietra che popolano i paesaggi dell’Isola di Pasqua, da dove provengono gli artisti che l’hanno realizzata.
Probabile terra di insediamenti villanoviani, come testimoniano i ritrovamenti archeologici di tombe scavate nelle pareti tufacee a picco databili dal VII e VI secolo a.C, Lubriano conobbe anche la dominazione romana, che ha lasciato, sparsi nelle campagne circostanti sporadici resti di impianti termali. Per tutto il V e VI secolo d.C. nel territorio di Lubriano si alternarono le dominazioni visigote, gote, e bizantine fino al lungo insediamento longobardo che durò dal 605 al 774. Fu annesso ai domini della Santa Sede e sin dal X secolo fu feudo dei Monaldeschi.
Il simbolo del paese è il settecentesco Palazzo Monaldeschi; da vedere, sono anche la Torre Monaldeschi, ciò che rimane dell’antico castello medievale, la Chiesa di Santa Maria del Poggio, uno dei pochi esempi di architettura barocca della zona, e il suggestivo panorama sulla Valle dei Calanchi. Nella Parrocchiale di San Giovanni sono custoditi resti di affreschi risalenti al XIII secolo.
Vetralla è situata tra le pendici del Monte Fogliano e le ampie distese tufacee che degradano verso il mare proprio all'incrocio di tre grandi arterie viarie romane: la Clodia, la Cassia e l'Aurelia.
Quello che è certo è che Vetralla era, in origine, un pagus villanoviano, come sembra attestare la presenza di tombe a fossa risalenti all'VIII e VI secolo a.C. Nel periodo etrusco Vetralla fu, probabilmente, uno dei tanti piccoli insediamenti sparsi nella zona: nelle sue immediate vicinanze, oltre a Norchia, troviamo tracce di insediamenti in località Grotta Porcina (VI secolo a.C), Monte Panese e Valle Cajana. Nel periodo romano il centro venne progressivamente abbandonato in favore del vicino Forum Cassii.
A seguito della donazione di Sutri (728) Vetralla ed il suo territorio entrarono a far parte del Patrimonio di San Pietro. Il feudo venne, quindi, concesso agli Orsini e dal 1345 ai Prefetti di Vico che, un secolo dopo, vennero cacciati ad opera del cardinale Vitelleschi.
Dopo essere appartenuto agli Anguillara, tornò sotto la giurisdizione della Chiesa.
Il 4 aprile 1783 Vetralla ottenne da Pio VI il titolo di "città" e durante la dominazione francese divenne capoluogo del Cantone dei Cimini.
Per tutto l'Ottocento la città vide il passaggio sul proprio territorio di Austriaci, Russi e Napoletani ed in numerose occasioni fu coinvolta nelle vicende del Risorgimento Italiano.
Nel centro storico è possibile ammirare la settecentesca Chiesa di Sant’Andrea Apostolo (Duomo) opera di Gian Battista Contini, la Chiesa di San Francesco, il monumento storico più importante e meglio conservato di Vetralla, l’elegante Palazzo Comunale realizzato nel Settecento su disegno del Vignola, i Palazzi Piatti, Brugiotti-Vinci e Franciosoni che ricordano una incisiva presenza farnesiana e la Rocca di cui oggi resta solo una torre cilindrica.
Tra le altre chiese si ricorda quella di Sant'Egidio, di San Pietro, dei Santi Filippo e Giacomo.
Di notevole interesse è anche il Museo della Città e del Territorio di Vetralla.
Probabile terra di insediamenti villanoviani, come testimoniano i ritrovamenti archeologici di tombe scavate nelle pareti tufacee a picco databili dal VII e VI secolo a.C, Lubriano conobbe anche la dominazione romana, che ha lasciato, sparsi nelle campagne circostanti sporadici resti di impianti termali. Per tutto il V e VI secolo d.C. nel territorio di Lubriano si alternarono le dominazioni visigote, gote, e bizantine fino al lungo insediamento longobardo che durò dal 605 al 774. Fu annesso ai domini della Santa Sede e sin dal X secolo fu feudo dei Monaldeschi.
Il simbolo del paese è il settecentesco Palazzo Monaldeschi; da vedere, sono anche la Torre Monaldeschi, ciò che rimane dell’antico castello medievale, la Chiesa di Santa Maria del Poggio, uno dei pochi esempi di architettura barocca della zona, e il suggestivo panorama sulla Valle dei Calanchi. Nella Parrocchiale di San Giovanni sono custoditi resti di affreschi risalenti al XIII secolo.
È un piccolo centro agricolo collocato nell’estremità sud-orientale del recinto della conca di Latera.
Appartenne sin dal Trecento alla famiglia Farnese ma poi con la dissoluzione del potere ducale nel 1649 tornò sotto il controllo della Santa Sede. Il centro storico è dominato dalla medievale Rocca Farnese che oggi è la sede del Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese. Esso raccoglie reperti archeologici provenienti da siti preistorici e protostorici del territorio e collezioni di ceramiche dell’epoca farnesiana come il piatto matrimoniale di Pierluigi Farnese e Gerolama Orsini. Questo ed altri pezzi furono ritrovati nei cosiddetti “butti” ossia pozzi di scarico delle abitazioni. Da qui si può ammirare un suggestivo panorama del lago di Bolsena, dei Monti Volsini, dell’Amiata, del Terminillo, dell’Argentario, del Mar Tirreno e della Selva del Lamone,
Di notevole interesse è la Collegiata di San Giovanni Evangelista risalente al XII secolo in cui sono custoditi una tela settecentesca della scuola del Maratta (Madonna del Rosario) e un affresco del XVI secolo raffigurante la Crocifissione e la Chiesa Santa Croce.
Il portico del Palazzo Comunale è decorato da stemmi quattrocenteschi dei Farnese e di Martino V Colonna, da armi di Paolo III e da uno "staio" in pietra (antica misura del ducato di Castro). La biblioteca Comunale custodisce l'Archivio storico della città di Castro. Poco distante dal centro sorge il Santuario della Madonna della Salute, con un presepe di statue lignee policrome settecentesche.
Non distante da Valentano si trova la famosa Selva del Lamone e il rinomato Lago di Mezzano o lacus Statoniensis dove nel 1971 furono rinvenuti reperti dell’Età del bronzo che dimostrarono la presenza di tre villaggi sommersi con strutture lignee e palafitte.
Valentano ha dato i natali al matematico Paolo Ruffini.
È un balcone naturale, arroccato su un’alta rupe tufacea che si affaccia sul parco regionale della Valle del Treja. Di origine etrusca, fu dominato dei Romani, della Santa Sede e sotto la nobile famiglia degli Anguillara fu costruito il Castello baronale a fine XIII secolo. Nella Collegiata dei Santi Comello e Cipriano si trova un reliquiario del Cinquecento che secondo la tradizione contiene la reliquia della circoncisione di Cristo trafugata da Roma durante il saccheggio dei Lanzichenecchi nel 1527 e ritrovata in una grotta di Calcata.
Non lontano dall’abitato si può ammirare il Parco Suburbano della Valle del Treja attraversato dal fiume omonimo. A Monte Gelato si trova una vecchia mola che presso l’omonima cascata dà vita a un angolo di rara suggestione.
Il Museo d’Arte nella Natura, inserito nella Riserva, offre al visitatore un percorso di interessantissime opere d’arte realizzate con il gusto e le tecniche dell’estetica naturalistica.
Gli artisti hanno, con i soli materiali naturali offerti dal bosco, realizzato composizioni che si adattano perfettamente all’ambiente.
Grotte di Castro fu un grande centro etrusco di primaria importanza. Il termine “Grotte” fa riferimento alle cavità artificiali scavate dagli Etruschi per scopo funerario in cui trovarono scampo nell’VIII secolo d.C. i profughi della vicina Civita saccheggiati dai Longobardi.
Il paese è arroccato su una rupe tufacea e ha un impianto medievale.
Dopo vari secoli di dispute e episodi bellici, nel XVI secolo Grotte entrò a far parte del Ducato di Castro. Nell'anno 1537 il Duca Pier Luigi Farnese, avendo acquistato il fondo di Frascati, lo cedette alla Camera Apostolica e ne ricevette in cambio la città di Castro. Sotto i Farnese la popolazione trovò un clima di pacifica convivenza e di tranquilla amministrazione. Tutto ciò durò fino a quando la città di Castro fu distrutta per volere di Innocenzo X.
Grotte da questa data tornò sotto il diretto dominio della Santa Sede da cui si affrancò sotto l'Unità d'Italia.
Tra i monumenti più importanti si trova la Basilica di Maria SS. Del Suffragio, la Chiesa di San Pietro Apostolo, il Palazzo di Innocenzo Iuzzi del 1563 e il Palazzo Comunale, sempre della seconda metà del '500.
Nel Palazzo del Podestà si trova il Museo Civico Archeologico delle Tradizioni Popolari.
Situata a circa tre chilometri a sud di Grotte di Castro, delimitata a est dalla strada che dal paese giunge al lago di Bolsena, la Necropoli etrusca di Pianezze si sviluppa lungo il costone tufaceo di una collina prospicente il fosso denominato Fiume Largo. Fu usata tra il VII e il V secolo a.C. ed è caratterizzata dalla presenza di tombe a camera scavate nel costone tufaceo della collina.
Piccolo centro agricolo situato tra i Monti Cimini e il Tevere, posto sulla via Amerina. Fin dai tempi remoti Bassanello veniva chiamato "Terra del Patrimonio di S. Pietro". I vari papi concessero poi il feudo di Bassanello a varie e potenti famiglie come gli Orsini, i Della Rovere, che lo ebbero in dote dal papa Giulio II per le nozze di Nicola Della Rovere con Laura Orsini. Nel 1534, alla morte di Nicola Della Rovere, il feudo passò nelle mani del figlio Giulio e, alla morte di questi, alla sorella Elena che aveva sposato Stefano Colonna. Con i Colonna iniziò un periodo stabile per Bassanello. Infatti i Colonna lo tennero fino ai primi del '700, dopo di che passò ai Colonna Barberini di Sciarra fino ai primi del secolo. Poi i beni di Bassanello passarono alla Banca d'Italia e da questa alla locale Università Agraria. Il castello fu poi acquistato nel 1907 dal Marchese Luigi Misciattelli che lo restaurò e vi impiantò una ceramica di pregevole fattura.
Sulla piazza principale di Vasanello, a protezione dell'antico borgo, si innalza il Castello Orsini risalente al XIII secolo, costruito in tufo, ha forma rettangolare, ed i suoi angoli sono difesi da quattro torri cilindriche mentre ai piedi del grande portone in ferro chiodato, sull’architrave di peperino spicca lo stemma dei Della Rovere (una quercia con le lettere I. R. lì collocato agli inizi del 1500, in occasione del matrimonio tra Nicola Della Rovere e Laura Orsini).
Tra le chiese più importanti c’è quella di Santa Maria Assunta, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie al cui interno sono custoditi interessanti affreschi del Pastura, la Chiesa del San Salvatore, la Chiesa della Madonna della Stella, la Chiesa di San Giuseppe e la Chiesa della Madonna del Rifugio (Sant'Antonio).
Tra i palazzi gentilizi che sorgono in un breve spazio intorno a piazza della Libertà, sono notevoli Palazzo del Modio e Palazzo Mercuri Pozzaglia, begli esempi di architettura rinascimentale. Da vedere è anche la Cappella di San Lanno, patrono di Vasanello e il Museo Civico.
Vasanello è famosa per le antiche fornaci ancora oggi situate nel centro storico, ognuna della quali ha due forni che un tempo venivano accesi due volte l’anno e ci lavoravano tre persone. Probabilmente le prime risalgono al XV secolo. Si producevano vasi, tegole, mattoni, pignatte, brocche e l’argilla usata proveniva da cave vicino al paese. Oggi è un’attività che sta scomparendo.
Paese di origine etrusca, castrum romano e poi centro urbano fortificato nella parte più meridionale della "Tuscia Longobardorum", Vitorchiano vanta una storia secolare influenzata a lungo dalla politica espansionistica della vicina e potente Viterbo. Fu sempre fedele a Roma e per questo motivo fu chiamata "Terra Fedelissima all'Urbe", che le riconobbe ampie esenzioni fiscali, le consentì di aggiungere al proprio stemma la sigla S.P.Q.R., di fregiarsi della Lupa Capitolina e di usare il motto "Sum Vitorclanum castrum membrumque romanum", cioè Vitorchiano, castello e parte di Roma. Il privilegio più importante fu rappresentato dall'onore di fornire gli uomini per la guardia capitolina. Essi furono denominati "Fedeli di Vitorchiano". Questo privilegio è stato costantemente esercitato da Vitorchiano dal 1267 fino ai nostri giorni. Ancora oggi è possibile ammirare la Guardia del Campidoglio nei costumi che, secondo la tradizione, furono disegnati da Michelangelo Buonarroti, nelle manifestazioni ufficiali del comune di Roma.
Vitorchiano è un centro ricco di storia e di millenarie tradizioni. La sua posizione ardita, su uno sperone di roccia circondato su tre lati da fosse e burroni profondi, fa del suo borgo antico uno dei più spettacolari e significativi esempi di centri fortificati della Tuscia. Alla posizione straordinaria e quasi irreale, si deve aggiungere un centro storico medievale ottimamente conservato, che conserva immutato il fascino di un tempo remoto. Il tessuto urbano è un intrigo di vie, vicoli e piazzette dove si affacciano chiese, torri e le antiche abitazioni con le loro caratteristiche scale esterne (profferli). Unica via d’accesso al paese è Porta Romana e in centro si trova la Casa del Podestà e il Palazzo Comunale, che conserva una interessante raccolta di manoscritti, bolle e pergamene, fra cui un'ordinanza sulle norme del vassallaggio risalente al 1267, la Chiesa di Santa Maria Assunta e il complesso dell'ex Convento di Sant'Agnese.
Poco fuori dall'abitato, all'inizio della strada per Viterbo, si incontra la Chiesa di San Nicola (annessa al monastero di Santa Maria delle Grazie).
Fuori dal borgo si trova un Moai, una delle gigantesche statue in pietra che popolano i paesaggi dell’Isola di Pasqua, da dove provengono gli artisti che l’hanno realizzata.
Centro della Valle del Tevere, situato su di un'alta rupe tufacea, Orte è considerato un importante nodo stradale e ferroviario grazie alla vicinanza dell'Autostrada del Sole e della superstrada Civitavecchia-Orte-Cesena e alla costruzione della ferrovia pontificia avvenuta nel 1864. Abitata fin dal tempo degli Etruschi, fu assoggettata dai Romani e ne divenne municipio e nel corso dei secoli fu dominata dalla Chiesa e dalla famiglia Orsini.
Tra le vie del centro storico si può ammirare la settecentesca Basilica di Santa Maria Assunta, la ex Chiesa di San Silvestro dove è allestito un pregevole Museo d'Arte Sacra e la Chiesadi Sant’Agostino. Non lontano dall’abitato si trova il Santuario della Santissima Trinità.
Tra i palazzi più importanti si ricorda Palazzo Nuzzi, il Palazzo Comunale, Palazzo Roberteschi, il Palazzo dell’orologio, Palazzo Alberti e il Palazzetto di Giuda.
Molto conosciute sono anche le Terme di Orte.
È un paese tipicamente medievale che sorge su una rupe tufacea ad ovest del Lago di Bolsena ai confini con la Toscana e poco distante dal litorale Tirrenico. Parte integrante del territorio è la Riserva Naturale "Selva del Lamone" che fa parte del sistema delle aree protette del Lazio e si estende su 1800 ha e ricade totalmente nel Comune di Farnese. E' l'antica Castrum Farneti, probabilmente così chiamata per i ricchi boschi di farnie (tipo di quercia) che la circondavano; avrebbe dato il nome alla Famiglia Farnese di cui fu per lungo tempo possesso feudale.
Soprattutto nella seconda metà del XVI secolo con Bertoldo Farnese ed i suoi figli Galeazzo, Fabio e specialmente Mario, il paese ebbe una notevole fioritura ed assunse un rilievo di grande importanza nei confronti dei grandi stati del tempo.
Farnese venne abbellita di edifici, chiese, conventi, opere d'arte, parchi, giardini a cui lavorarono importanti artisti del tempo come Smeraldo Smeraldi, Annibale Carracci, Orazio Gentileschi, Anton Maria Panico e Jacopo Barozzi detto il Vignola.
Nel 1658 il feudo di Farnese venne venduto dal Duca Pietro alla famiglia Chigi ed Agostino ne prese possesso col titolo di Principe. Il Principato sopravvisse in piena autonomia fino al 1825 quando ritornò alla Camera Apostolica senza grossi avvenimenti rinchiuso nella sua vita tranquilla e laboriosa con qualche iniziativa: la polveriera di Salabrone, una ferriera, qualche forno per la calce, qualche fornace per i mattoni ed un teatro nella rocca.
Nel 1834 il feudo di Farnese venne acquistato dal Maresciallo francese De Goumont il conquistatore di Algeri, in seguito nel 1856 pervenne Alessandro Torlonia che lo tenne fino agli inizi del secolo.
Nel paese si trova il Palazzo Comunale, eretto alla fine del Settecento che accoglie un piccolo museo con reperti dell'età del Bronzo e una raccolta di ceramiche di varie epoche, il Palazzo Farnese, di impianto rinascimentale, il grande viadotto che si trova davanti al palazzo venne realizzato dal duca Mario Farnese per collegare il palazzo al giardino detto "La Selva". La Rocca risale al XII secolo, ma nel corso degli anni è stata più volte ristrutturata e ammodernata.
La parrocchiale di San Salvatore custodisce alcune tele seicentesche di Antonio Maria Panico e di Orazio Gentileschi. Inoltre, sono da vedere la Chiesa di San Rocco e la Chiesa di Santa Maria della Neve.
Piccolo paese dell'Alta Tuscia, compreso tra la Toscana e il lago di Bolsena, in una vasta conca già conosciuta come Val di Lago. Nelle campagne circostanti abbondano acque minerali magnesiache solforose e ferruginose e si notano i caratteristici soffioni dovuti ai gas che si sprigionano dal sottosuolo.
La presenza umana nel territorio di Latera fin dall'età Neolitica è stata dimostrata dal ritrovamento di insediamenti preistorici nel lago di Mezzano.
Si susseguirono poi le civiltà appenninica, protovillanoviana, villanoviana e nell'ambito di quest'ultima quella Etrusca. A lungo fu dominata dai Romani, successivamente dagli Ostrogoti e poi dai Longobardi. Sembra che proprio durante la dominazione di questi ultimi fu edificato il primo nucleo del Castello di Latera, oggi non più visibile.
Divenuta Comune nel XII secolo, il suo territorio fu lungamente conteso fra Orvieto e la Santa Sede. Nel 1408 papa Gregorio XII concesse il vicariato di Latera a Ranuccio Farnese.
I discendenti del ramo della famiglia Farnese continuarono ad amministrare Latera fino al 1658 e si distinsero per il governo illuminato: istituirono già nel XVI secolo un "Monte" per i prestiti agli agricoltori, vietarono il taglio indiscriminato dei boschi e, nel 1648 il duca Pier Francesco Farnese ordinò la costruzione dell’acquedotto che ancora oggi alimenta la fontana, detta La fontana del Duca.
Nel 1668 con la morte del Cardinale Gerolamo si estinse la casa Farnese dei Signori di Latera il cui territorio torno' sotto lo Stato Pontificio il cui dominio durera' per oltre due secoli.
Nel 1870, seguendo le sorti dello Stato Pontificio, entro' a far parte del Regno d'Italia.
Nel centro storico si ammirano il Palazzo Ducale, eretto nel XVI secolo dai Farnese, la seicentesca Fontana del Duca Pietro Farnese, la Chiesa di San Clemente, la Chiesa di San Rocco, costruita, probabilmente, intorno al 1400, e nasce come voto fatto durante la peste che, in quegli anni, mieteva centinaia di vittime.
Infine, da visitare, è il piccolo Museo della Terra dove sono raccolti alcuni reperti della civiltà contadina.
A pochi chilometri dalla costa tarquiniese e dall’entroterra viterbese sorge Monteromano un piccolo borgo dall’aspetto sei-settecentesco, custode di importanti testimonianze, medioevali e rinascimentali. Il paese si è sviluppato intorno ad una strada (l’attuale Aurelia bis) ed è immerso in una valle posta ai piedi della Rotonda, una collina che presenta un aspetto inconfondibile nel paesaggio, per la sua cima formata da querce secolari disposte a corona. Per secoli questo boschetto ha custodito il segreto della vera origine di Monteromano: qui, infatti, nel punto più alto del territorio, sorgeva il primo nucleo abitato, l’antica Arx Montis Romani, un castello del XIII secolo, costruito in un periodo in cui l’attuale paese a valle ancora non esisteva. La sua elevata posizione gli ha garantito nel tempo, una naturale difesa ed un facile controllo sul vasto territorio circostante, nel quale confluivano alcune delle più importanti strade appartenenti al sistema viario etrusco-romano, come la Tarquiniense (o via Latina), e la Clodia. Appartenne alla famiglia dei Prefetti di Vico e fu uno dei centri più importanti della zona e nel Seicento divenne colonia agricola dell’Ospedale di Santo Spirito. Tra il Settecento e l’Ottocento avvenne un grande sviluppo edilizio che conferì al borgo una maggiore uniformità.
Nel centro storico si trova la Parrocchiale settecentesca affiancata dalla Fontana del Mascherone e poco distante si trova un Antiquarium ricavato in un ambiente delle vecchie carceri con reperti etruschi e romani rinvenuti nel territorio.
Lasciando alle spalle il centro storico e proseguendo in direzione sud-est, si raggiunge il Poggio della Rotonda (proprietà dell’Università Agraria di Monte Romano ). Il suo pregio paesaggistico-ambientale concorre, inoltre, a renderlo una delle mete più apprezzabili della zona. Percorrendo il “sentiero del parco della Rotonda”, si possono apprezzare le varie specie floreali che caratterizzano il territorio: il mandolo (Prunus amygdalus), il melo selvatico (Malus sylvestris), il biancospino (Crataegus monogyna), l’azzeruolo (Crataegus azarolus), dell’albero di Giuda (Censis siliquastrum), il rosmarino (Rosmarinus officinalis), l’olivo (Olea Europea) e il gelso (Morus platani foglia). Si giunge così alla vetta del colle, attrezzata con comode aree pic-nic e barbecue, ad cui godere del magnifico panorama che spazia dal mare, alla Valle del Mognone, fino all’entroterra Viterbese.
A pochi chilometri dall’abitato si trova la famosa Rocca Respampani la cui costruzione fu avviata, nel 1607, da Ottavio Tassoni d'Este, Precettore del Santo Spirito. L’edificio doveva ospitare il governatore e il suo seguito di funzionari ma nei secoli non fu mai terminato.
Non lontano da Monteromano in direzione di Vetralla si trova la Necropoli rupreste di Norchia, una suggestiva cerchia di tombe ipogee e a facciata scolpita disposte su gradoni naturali o artificiali che rappresenta uno degli esempi più importanti dell’architettura funeraria etrusca della zona.
Tuscania è situata su un vasto pianoro tufaceo solcato dal fiume Marta tra Viterbo, il Lago di Bolsena e le coste tirreniche di Tarquinia ed è racchiusa entro una cinta muraria risalente al XIV secolo ancora oggi in ottimo stato. Le origini della città risalgono al Protovillanoviano (1100 a.C.) quando sull'attuale colle di San Pietro si insediò il nucleo etrusco più antico.
La necropoli più famose sono quella della Madonna dell’Olivo (Tombe Curunas, Grotta della Regina, il sarcofago delle Amazzoni), il sepolcreto di Pian di Mola, la Necropoli della Peschiera e il complesso funerario dell’Ara del Tufo. In questi siti sono stati ritrovati numerosi sarcofagi in nenfro la cui produzione rese Tuscania una delle città etrusche più famose della zona.
La penetrazione romana che si stabilizzò verso il 285 a.C. con l'occupazione della Tuscia trova il centro nella condizione ideale per essere adottato quale caposaldo a controllo del vasto territorio, di cui occupa la posizione centrale, facilitata dal potenziamento di quella direttrice stradale etrusca, che, nel 225 a.C., venne elevata al rango di Via consolare romana, con il nome di "Clodia". Ancora oggi sono visibili tracce di opere idrauliche e abitative di età imperiale conosciute come i “Bagni della Regina”.
Nel VI secolo fu occupata dai Longobardi e nell’VIII secolo entrò a far parte del Patrimonio della Chiesa. Nel XIII secolo divenne Comune con i suoi statuti e le tipiche magistrature comunali e e furono costruiti nuovi monumenti pubblici come il Palazzo comunale del Rivellino accanto a cui oggi si trova l’omonimo teatro. Nel Trecento fu contesa tra la Santa Sede e i prefetti di Vico e in seguito a un atto di ribellione al Papa Bonifacio VIII le venne dato il nome di “Toscanella” (quello attuale lo riottenne nel 1911). Nel 1495 fu assediata e saccheggiata dalle truppe francesi di Carlo VIII ma si riprese divenendo un modesto centro dello Stato Pontificio e nel corso dei secoli successivi vide affluire una grande quantità di ricchezza derivante dalla terra e dall'allevamento. I ricchi proprietari di terre e di bestiame investirono notevoli somme per costruire i loro palazzi tardo-rinascimentali. Parallelamente gli amministratori comunali decorarono la città con artistiche fontane barocche e le strade vennero quasi totalmente pavimentate.
La storia "antica" di Tuscania termina il 6 febbraio 1971 quando la cittadina fu colpita da un fortissimo terremoto. Con la ricostruzione nacque l’attuale paese.
Sul colle alla fine della passeggiata fuori le mura si possono vedere la Chiesadi Santa Maria del Riposo e l'ex convento francescano ora adibito a Museo Nazionale Etrusco in cui si trova una raccolta quasi completa dei sarcofagi e delle suppellettili della famiglie tardo etrusche Curunas e Vipinana, rappresentative dei modi di vita e dei costumi di questa parte dell'Etruria nei secoli IV e III a. C..
I gioielli più noti di Tuscania sono la Chiesa di San Pietro con la facciata duecentesca a tre portali e con un maestoso interno in cui ancora si trova un ciborio piramidale, le pareti con affreschi di scuola romana e una grandiosa cripta risalente all’XI secolo, l’altra è la Chiesa di Santa Maria Maggiore con una suntuosa decorazione pittorica della parete di fondo raffigurante il Giudizio Universale. Entrambe furono costruite intorno all’XI secolo alla sommità del colle di San Pietro a cavallo della via Clodia, antica posizione strategica dell’abitato.
Di notevole bellezza è anche la rinascimentale Cattedrale di San Giacomo su Piazza del Duomo, la Chiesa di Santa Maria delle Rose, la Chiesa di San Marco, la Chiesa di San Francesco e la Chiesa di San Silvestro.
Tra i palazzi più importanti vanno ricordati i seguenti Palazzo Baronale, i resti di Palazzo Tartaglia e Palazzo Quaglia, Palazzo Fani, Palazzo Fani-Ciotti, Palazzo Giannotti, il Palazzo Vescovile, Palazzo Tozzi.
Tra le fontane più belle c’è quella delle Sette Cannelle, Fontana Grande, Fontana di Parco Torre di Lavello e Fontanella Giannotti.
Suggestivi, sempre all'interno della mura, i panorami che si osservano dal Belvedere, da piazza Tor di Lavello e dal Monastero di San Paolo.
Non lontano da Tuscania si trova la Riserva Naturale, un’area protetta con un tipico esempio di sughereta dove è possibile trovare un sottobosco ricco di orchidee.
Tuscania è stato il paese natale del pittore Giuseppe Cesetti (Tuscanica 1902-1990) e dei Campanari, una famiglia di impresari e archeologi di Tuscania del XIX secolo. Il padre Vincenzo, insieme ai figli Carlo, Secondiano e Domenico, avviò numerose campagne di scavo in vari centri dell'Etruria, che portarono, fra l'altro, al rinvenimento della tomba dei Vipinana. Notevole il lavoro di recupero svolto a Vulci nel biennio 1835-1837, i cui reperti si ammirano oggi nel Museo Etrusco Gregoriano di Roma.
Montefiascone si trova a 15 km da Viterbo ed è situato sulla S.S. Cassia che prosegue poi per Siena ed ancora fino oltralpe; a meno di 25 km c'è Orvieto che funziona da collegamento con l'autostrada Firenze-Roma. In località Zepponami c'è un piccolo scalo ferroviario sulla linea Viterbo-Orvieto-Roma. Il paese è posto in cima ad un colle sul fianco del cratere del Lago di Bolsena a 640 metri di altezza sul livello del mare e da questa posizione privilegiata si ha visione di un paesaggio ineguagliabile, che va dal Mar Tirreno alla Maremma, dai Monti dell'Umbria ai Cimini, dai Monti della Tolfa alla conca del lago con le sue bellissime isole Martana e Bisentina. La fertile vallata che lo contorna racchiude orti, uliveti, vigneti che danno luogo alla produzione vinicola dell'acclamato Moscatello denominato "Est!Est!!Est!!!"
Abitato sin dal tempo degli Etruschi, Montefiascone era considerato area sacra, forse sede del leggendario Fanum Voltumnae, centro politico e religioso, nel quale si riunivano i lucumoni etruschi. Le testimonianze romane sono cospicue ed in buone condizioni, legate fortemente alla consolare Cassia che fungeva da collegamento tra Roma, il centro d'Italia, il nord della Pianura Padana fino alla Francia (da qui l'appellativo "Via Francigena"). In virtù della posizione strategica della zona i Papi ed i Vescovi di Roma fecero fortificare il centro abitato nel quale confluirono dalle campagne molte persone per difendersi dalle frequenti incursioni barbariche; le mura furono dotate di un'imponente Rocca, nella seconda metà del 1200, ma, durante il Rinascimento, le esigenze militari resero necessarie molte modifiche alla struttura originale.
I lavori per la fortificazione dell’abitato proseguirono nei secoli e ad essi si interessarono molti pontefici; oggi la Rocca dei Papi, restaurata ed abbellita, è spesso utilizzata per manifestazioni culturali e sede del Museo dell’architettura di Antonio da Sangallo il Giovane. Dal 1058 fin quasi alla fine del 1500 a Montefiascone si susseguirono più di trenta papi diversi, imperatori e personaggi illustri. Questi vi soggiornarono per periodi più o meno lunghi, vi convocarono parlamenti o vi si recarono per i soggiorni estivi.
Altro monumento da visitare è la Cattedrale di Santa Margherita, facilmente individuabile da ogni parte della città, vista la sua grandezza; la sua maestosa cupola è, in effetti, la terza in Italia per il diametro interno, dopo San Pietro a Roma e Santa Maria del Fiore a Firenze. L'interno è riccamente decorato da pitture del 1800, oltre ad un busto in marmo raffigurante Santa Margherita, attribuito ad Arnolfo di Cambio. La grande cupola è opera di Carlo Fontana mentre le torri campanarie vennero aggiunte nel 1840 dall'architetto piacentino Paolo Gazola.
Dalla Cattedrale si giunge facilmente alla Basilica romanico-gotica di San Flaviano. Sorta nell'XI secolo sui pressi dell'antica chiesa di Santa Maria, questa costruzione presenta delle soluzioni architettoniche particolari, riuscendo a riunire, con risultato di raro equilibrio, le due diverse tendenze stilistiche. La struttura è quindi composta da due chiese sovrapposte ed orientate inversamente; la parte sottostante del 1032 è a tre navate decorate con affreschi che vanno dal XIV al XVI secolo. La facciata, rivolta in direzione dell'antico percorso della Via Francigena, è arricchita da una loggia rinascimentale, dalla quale i papi apparivano per benedire la folla.
Nella terza cappella della navata sinistra della chiesa di San Flaviano è visibile una lapide in onore di Giovanni Defuk, nome legato alla storia del vino di Montefiascone.
Inoltre, da vedere, è anche la Chiesa di Sant’Andrea, la Porta Aldrovandi, dalla quale si accede al vecchio borgo e al Palazzo Comunale e al Palazzo Renzi.
È un pittoresco villaggio di pescatori che sorge sulle sponde meridionali del Lago di Bolsena, di fronte all’isola Martana dove fu uccisa Amalasunta, la figlia di Teodorico, Re dei Goti, e non distante dalla via consolare Clodia. La famiglia che dominò a lungo il paese fu quella dei Farnese, a cui si deve l’edificazione del palazzo omonimo. Dell’antico castello, edificato sotto papa Urbano IV nel XIII secolo resta solo la famosa Torre dell’Orologio. Tra le vie del borgo si può ammirare la settecentesca Chiesa di Santa Maria che custodisce un calice di filigrana d'oro del VI secolo e un prezioso reliquiario con un frammento di braccio appartenuto, secondo la tradizione, a San Giovanni Battista.
Su una collina (in bella posizione sul lago), a poca distanza dall'abitato, sorge il piccolo Santuario della Madonna del Monte legata alla festa della Barabbata.
In una grotta tufacea, sulla strada per Capodimonte, si venera l'immagine miracolosa della Madonna che il 19 maggio 1948 apparve a tre bambine del posto.
Il comune di Canepina, sorge alle falde dei monti Cimini in una conca coperta da un manto boscoso creato da castagneti. È stata abitata fin dal tempo degli etruschi e fu dominata a lungo dallo Stato Pontificio, dalla famiglia Anguillara e Di Vico. Fu anche inglobata nel Ducato di Castro fino alla sua disgregazione da papa Paolo III Farnese.
Nelle vie del centro tra i monumenti più importanti si trova il Castello degli Anguillara, costruito intorno al XIV secolo, il Palazzo Farnese, eretto nel XVI secolo e attualmente sede degli uffici comunali, la Chiesa della Madonna del Carmine, al cui interno si possono ammirare dipinti e affreschi del Quattrocento, la Chiesa di Santa Maria Assunta costruita nel medioevo ma rimaneggiata nel XV-XVI secolo, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, la Chiesa di San Michele Arcangelo, la Chiesa di San Giuseppe e la Chiesa di Santa Corona.
Il Museo delle Arti e Tradizioni situato nei locali dell’ex Convento dei Carmelitani ospita numerosi oggetti dell’antica tradizione: aratri, zappe, telai e tanti altri strumenti ormai in disuso.
A pochi chilometri dalla costa tarquiniese e dall’entroterra viterbese sorge Monteromano un piccolo borgo dall’aspetto sei-settecentesco, custode di importanti testimonianze, medioevali e rinascimentali. Il paese si è sviluppato intorno ad una strada (l’attuale Aurelia bis) ed è immerso in una valle posta ai piedi della Rotonda, una collina che presenta un aspetto inconfondibile nel paesaggio, per la sua cima formata da querce secolari disposte a corona. Per secoli questo boschetto ha custodito il segreto della vera origine di Monteromano: qui, infatti, nel punto più alto del territorio, sorgeva il primo nucleo abitato, l’antica Arx Montis Romani, un castello del XIII secolo, costruito in un periodo in cui l’attuale paese a valle ancora non esisteva. La sua elevata posizione gli ha garantito nel tempo, una naturale difesa ed un facile controllo sul vasto territorio circostante, nel quale confluivano alcune delle più importanti strade appartenenti al sistema viario etrusco-romano, come la Tarquiniense (o via Latina), e la Clodia. Appartenne alla famiglia dei Prefetti di Vico e fu uno dei centri più importanti della zona e nel Seicento divenne colonia agricola dell’Ospedale di Santo Spirito. Tra il Settecento e l’Ottocento avvenne un grande sviluppo edilizio che conferì al borgo una maggiore uniformità.
Nel centro storico si trova la Parrocchiale settecentesca affiancata dalla Fontana del Mascherone e poco distante si trova un Antiquarium ricavato in un ambiente delle vecchie carceri con reperti etruschi e romani rinvenuti nel territorio.
Lasciando alle spalle il centro storico e proseguendo in direzione sud-est, si raggiunge il Poggio della Rotonda (proprietà dell’Università Agraria di Monte Romano ). Il suo pregio paesaggistico-ambientale concorre, inoltre, a renderlo una delle mete più apprezzabili della zona. Percorrendo il “sentiero del parco della Rotonda”, si possono apprezzare le varie specie floreali che caratterizzano il territorio: il mandolo (Prunus amygdalus), il melo selvatico (Malus sylvestris), il biancospino (Crataegus monogyna), l’azzeruolo (Crataegus azarolus), dell’albero di Giuda (Censis siliquastrum), il rosmarino (Rosmarinus officinalis), l’olivo (Olea Europea) e il gelso (Morus platani foglia). Si giunge così alla vetta del colle, attrezzata con comode aree pic-nic e barbecue, ad cui godere del magnifico panorama che spazia dal mare, alla Valle del Mognone, fino all’entroterra Viterbese.
A pochi chilometri dall’abitato si trova la famosa Rocca Respampani la cui costruzione fu avviata, nel 1607, da Ottavio Tassoni d'Este, Precettore del Santo Spirito. L’edificio doveva ospitare il governatore e il suo seguito di funzionari ma nei secoli non fu mai terminato.
Non lontano da Monteromano in direzione di Vetralla si trova la Necropoli rupreste di Norchia, una suggestiva cerchia di tombe ipogee e a facciata scolpita disposte su gradoni naturali o artificiali che rappresenta uno degli esempi più importanti dell’architettura funeraria etrusca della zona.
Di origine etrusco-romana, Gradoli si affaccia sul Lago di Bolsena con 8 km di spiaggia. La sua storia è legata a Matilde di Canossa che nel XII secolo donò alla Chiesa tutti i suoi possedimenti, ovvero una serie di paesi e territori che assieme formavano la provincia della Val di Lago e che comprendevano anche Castrum Gradolarum.
A lungo fu contesa tra Orvieto e la Chiesa e a partire dal Quattrocento appartenne ai Farnese. Nel 1534 Alessandro Farnese, eletto al Soglio Pontificio col nome Paolo III, investì il figlio Pier Luigi della signoria di un vasto territorio sottratto alla Santa Sede. Nascevano così la Contea di Ronciglione e il Ducato di Castro, di cui Gradoli faceva parte. Pier Luigi fu assassinato nel 1547 nella congiura di Parma, così il titolo e il governo passò ai figli Ottavio, Orazio e agli altri discendenti. La presenza dei Farnese nel nostro territorio fece decollare l’economia di Gradoli.
Nel 1649, con la fine del Ducato di Castro, cessò anche il periodo di temporanea fortuna di Gradoli, che tornò sotto il dominio dello Stato Pontificio, anche se con autonomia amministrativa.
Il potere temporale dei Papi terminò il 20 ottobre 1870 quando la popolazione di Roma e del Lazio sanzionò l’unione al Regno d’Italia con plebiscito. Gradoli entrò a far parte della provincia di Viterbo nel 1927.
Il paese è dominato dal Palazzo Farnese, costruito da Antonio Sangallo per volontà di Alessandro Farnese in occasione delle nozze del figlio Pier Luigi e Gerolama Orsini e fu poi adibito a residenza estiva da papa Paolo III e dagli stessi Farnese. Il palazzo conserva sontuose stanze affrescate ed ospita al suo interno il Museo del Costume Farnesiano, interessante raccolta di abiti, armi, utensili rinascimentali e il Centro Nazionale di Studi sulla Famiglia Farnese.
Tra i monumenti più importanti da ricordare c’è la Chiesa della Collegiata di Santa Maria Maddalena, la Chiesa di San Magno, la Chiesa di San Filippo Neri del Settecento, la Chiesa di San Pietro in Vinculis, detta “della Madonna”, considerata rurale nel 1600 in quanto fuori dal paese allora ubicato all’interno delle mura, la Chiesa di San Rocco, costruita per volontà del popolo scampato alla peste, la Chiesa di Sant’Egidio e la Chiesa di San Vittore.
Di origine etrusca, appartenuta agli Orsini, ai Colonna e ai Vitelleschi, Soriano si trova su un’altura dominata dal massiccio Castello Orsini, fatto erigere da papa Nicolò III Orsini nel XIII secolo che scelse questo luogo come residenza estiva. Intorno al castello sorge l'antico borgo medievale, ancora in ottimo stato, con stretti vicoli e vie intersecantesi nella irregolarità planimetrica in cui domina la Torre dell’Orologio. Nella parte rinascimentale del paese si trova il bellissimo Palazzo Albani-Chigi (XVI secolo), considerato uno dei maggiori capolavori dell'architetto Ottaviano Schiratti, assieme alla famosissima Fontana Papacqua. Nella piazza si trova la Collegiata di San Nicola risalente alla fine del Settecento. Di impianto settecentesco anche la Chiesa di Sant'Eutizio al cui interno si trova un pregevole oleario marmoreo attribuito ad Andrea Bregno. Nella Chiesa di Sant'Agostino (o della Santissima Trinità, XVIII secolo) la volta fu affrescata nel Settecento da Taddeo Kunds.
Non lontano dall’abitato si può vedere la Chiesetta romanica di San Giorgio Soriano è circondata dai famosi Monti Cimini con i loro secolari ed ombrosi castagneti, la stupenda e maestosa faggeta al cui ingresso si trova il maestoso "sasso naticarello", un enorme macigno ovoidale che si regge in bilico da secoli su una stretta base di appoggio… “miracolo della natura”, lo definì Plinio il vecchio. Questa zona è la meta ideale per chi ama la natura e la tranquillità, ma anche per chi vuole dedicarsi a lunghe escursioni o alle semplici passeggiate a piedi, a cavallo o in mountain bike.
La Selva di Malano è la zona archeologica di più rilevante interesse dell'intero territorio. Sita in una vasta superficie piuttosto accidentata, non è sfortunatamente raggiungibile con facilità. La Selva è costellata da tombe a fossa con sagoma umana, tombe etrusche a camera, are, urne cinerarie e sarcofagi. Di particolare interesse è il Sasso del predicatore e la Tomba del re e della regina.
Tuscania è situata su un vasto pianoro tufaceo solcato dal fiume Marta tra Viterbo, il Lago di Bolsena e le coste tirreniche di Tarquinia ed è racchiusa entro una cinta muraria risalente al XIV secolo ancora oggi in ottimo stato. Le origini della città risalgono al Protovillanoviano (1100 a.C.) quando sull'attuale colle di San Pietro si insediò il nucleo etrusco più antico.
La necropoli più famose sono quella della Madonna dell’Olivo (Tombe Curunas, Grotta della Regina, il sarcofago delle Amazzoni), il sepolcreto di Pian di Mola, la Necropoli della Peschiera e il complesso funerario dell’Ara del Tufo. In questi siti sono stati ritrovati numerosi sarcofagi in nenfro la cui produzione rese Tuscania una delle città etrusche più famose della zona.
La penetrazione romana che si stabilizzò verso il 285 a.C. con l'occupazione della Tuscia trova il centro nella condizione ideale per essere adottato quale caposaldo a controllo del vasto territorio, di cui occupa la posizione centrale, facilitata dal potenziamento di quella direttrice stradale etrusca, che, nel 225 a.C., venne elevata al rango di Via consolare romana, con il nome di "Clodia". Ancora oggi sono visibili tracce di opere idrauliche e abitative di età imperiale conosciute come i “Bagni della Regina”.
Nel VI secolo fu occupata dai Longobardi e nell’VIII secolo entrò a far parte del Patrimonio della Chiesa. Nel XIII secolo divenne Comune con i suoi statuti e le tipiche magistrature comunali e e furono costruiti nuovi monumenti pubblici come il Palazzo comunale del Rivellino accanto a cui oggi si trova l’omonimo teatro. Nel Trecento fu contesa tra la Santa Sede e i prefetti di Vico e in seguito a un atto di ribellione al Papa Bonifacio VIII le venne dato il nome di “Toscanella” (quello attuale lo riottenne nel 1911). Nel 1495 fu assediata e saccheggiata dalle truppe francesi di Carlo VIII ma si riprese divenendo un modesto centro dello Stato Pontificio e nel corso dei secoli successivi vide affluire una grande quantità di ricchezza derivante dalla terra e dall'allevamento. I ricchi proprietari di terre e di bestiame investirono notevoli somme per costruire i loro palazzi tardo-rinascimentali. Parallelamente gli amministratori comunali decorarono la città con artistiche fontane barocche e le strade vennero quasi totalmente pavimentate.
La storia "antica" di Tuscania termina il 6 febbraio 1971 quando la cittadina fu colpita da un fortissimo terremoto. Con la ricostruzione nacque l’attuale paese.
Sul colle alla fine della passeggiata fuori le mura si possono vedere la Chiesadi Santa Maria del Riposo e l'ex convento francescano ora adibito a Museo Nazionale Etrusco in cui si trova una raccolta quasi completa dei sarcofagi e delle suppellettili della famiglie tardo etrusche Curunas e Vipinana, rappresentative dei modi di vita e dei costumi di questa parte dell'Etruria nei secoli IV e III a. C..
I gioielli più noti di Tuscania sono la Chiesa di San Pietro con la facciata duecentesca a tre portali e con un maestoso interno in cui ancora si trova un ciborio piramidale, le pareti con affreschi di scuola romana e una grandiosa cripta risalente all’XI secolo, l’altra è la Chiesa di Santa Maria Maggiore con una suntuosa decorazione pittorica della parete di fondo raffigurante il Giudizio Universale. Entrambe furono costruite intorno all’XI secolo alla sommità del colle di San Pietro a cavallo della via Clodia, antica posizione strategica dell’abitato.
Di notevole bellezza è anche la rinascimentale Cattedrale di San Giacomo su Piazza del Duomo, la Chiesa di Santa Maria delle Rose, la Chiesa di San Marco, la Chiesa di San Francesco e la Chiesa di San Silvestro.
Tra i palazzi più importanti vanno ricordati i seguenti Palazzo Baronale, i resti di Palazzo Tartaglia e Palazzo Quaglia, Palazzo Fani, Palazzo Fani-Ciotti, Palazzo Giannotti, il Palazzo Vescovile, Palazzo Tozzi.
Tra le fontane più belle c’è quella delle Sette Cannelle, Fontana Grande, Fontana di Parco Torre di Lavello e Fontanella Giannotti.
Suggestivi, sempre all'interno della mura, i panorami che si osservano dal Belvedere, da piazza Tor di Lavello e dal Monastero di San Paolo.
Non lontano da Tuscania si trova la Riserva Naturale, un’area protetta con un tipico esempio di sughereta dove è possibile trovare un sottobosco ricco di orchidee.
Tuscania è stato il paese natale del pittore Giuseppe Cesetti (Tuscanica 1902-1990) e dei Campanari, una famiglia di impresari e archeologi di Tuscania del XIX secolo. Il padre Vincenzo, insieme ai figli Carlo, Secondiano e Domenico, avviò numerose campagne di scavo in vari centri dell'Etruria, che portarono, fra l'altro, al rinvenimento della tomba dei Vipinana. Notevole il lavoro di recupero svolto a Vulci nel biennio 1835-1837, i cui reperti si ammirano oggi nel Museo Etrusco Gregoriano di Roma.
Probabile terra di insediamenti villanoviani, come testimoniano i ritrovamenti archeologici di tombe scavate nelle pareti tufacee a picco databili dal VII e VI secolo a.C, Lubriano conobbe anche la dominazione romana, che ha lasciato, sparsi nelle campagne circostanti sporadici resti di impianti termali. Per tutto il V e VI secolo d.C. nel territorio di Lubriano si alternarono le dominazioni visigote, gote, e bizantine fino al lungo insediamento longobardo che durò dal 605 al 774. Fu annesso ai domini della Santa Sede e sin dal X secolo fu feudo dei Monaldeschi.
Il simbolo del paese è il settecentesco Palazzo Monaldeschi; da vedere, sono anche la Torre Monaldeschi, ciò che rimane dell’antico castello medievale, la Chiesa di Santa Maria del Poggio, uno dei pochi esempi di architettura barocca della zona, e il suggestivo panorama sulla Valle dei Calanchi. Nella Parrocchiale di San Giovanni sono custoditi resti di affreschi risalenti al XIII secolo.
Il paese sorge su una rupe circondata da pareti rocciose protette dal fosso Biedano. Nell’antichità era chiamato “Maturano” ma fu ribattezzato Barbarano da Desiderio, Re dei Lombardi. L’origine risale al periodo etrusco-romano e i primi insediamenti sono noti già nel XII secolo. Per secoli appartenne alla Chiesa. Si accede al centro storico, di impianto tardo medievale, dalla Porta Romana. Tra le chiese più rinomate si trova la Parrocchiale dell'Assunta dell’XI secolo, la Chiesa del Crocifisso che custodisce un Cristo cinquecentesco di buona fattura, la Chiesa della Misericordia e la ex Chiesa di Sant’Angelo, oggi parte del Museo Archeologico delle necropoli rupestri.
Non lontano dall’abitato si trova il famoso Parco Suburbano Marturanium al cui interno si trova la pittoresca Necropoli rupestre di San Giuliano datata dal VI al V secolo a.C in cui sono presenti le tombe a dado (Tomba Rosi), a portico, ipogee, a fossa, a nicchia e a tumulo (Tomba Cima).
Piccolo centro di origini etrusche, non distante dall’antico Lago di Bassano oggi quasi del tutto interrato e un tempo chiamato dai Romani Lacus Vladimonis. Appartenne alla Santa Sede e nel Cinquecento fu venduto alla famiglia Madruzzo a ricordo della quale oggi resta la Fontana Vecchia. Di notevole interesse è la Chiesa dell'Immacolata Concezione, la Chiesa di Santa Maria dei Lumi risalente al XII secolo. Di fronte alla Chiesa si trova la cinquecentesca Torre dell’orologio al cui interno è inglobato un antico campanile romanico della chiesa dei Lumi.
Inoltre, ci sono anche la Chiesa dei Santi Fidenzio e Terenzio, patroni del paese e la Chiesa della Madonna della Quercia.
Abitato fin dalla preistoria, il territorio presenta abbondantissime tracce dell'età etrusco-romana, sviluppatasi in un periodo di tempo che va dalla fine del IV a.C. a metà del VI d.C.
Piansano appartenne ai signori di Bisenzo dalla seconda metà del XII secolo fino al 1338 poi passò ai prefetti di Vico e successivamente ai Farnese. Il territorio rimase una tenuta gestita dalla Chiesa fino a quando nel 1537, con la creazione del ducato di Castro ad opera di Paolo III Farnese, il territorio non fu inserito nel nuovo staterello di cui seguì le vicende. Nel 1649, con la distruzione di Castro, Piansano fu di nuovo incamerato dalla Santa Sede e per tutto il Settecento seguì la sorte di tutti gli altri paesi dell'ex ducato, concessi in blocco in affitti novennali a vari appaltatori.
Nel 1790 il territorio di Piansano fu concesso in enfiteusi al conte Alessandro Cardarelli di Roma, che lo tenne fino al 1808, quando la Camera apostolica vendette il feudo al principe polacco Stanislao Poniatowski. Questi a sua volta lo rivendette nel 1822 al conte Giuseppe Cini di Roma, che ne rimase proprietario fino al 1897, quando il latifondo fu aggiudicato all'asta al Monte dei Paschi di Siena. Nel 1909 anche la banca toscana lo rivendette a più persone, alle quali però fu in gran parte espropriato dall'Opera nazionale combattenti dopo la Prima Guerra Mondiale, perché fosse assegnato ai reduci dalla Grande Guerra.
Di notevole bellezza sono la Parrocchiale e il Palazzo comunale.
Centro della Valle del Tevere, situato su di un'alta rupe tufacea, Orte è considerato un importante nodo stradale e ferroviario grazie alla vicinanza dell'Autostrada del Sole e della superstrada Civitavecchia-Orte-Cesena e alla costruzione della ferrovia pontificia avvenuta nel 1864. Abitata fin dal tempo degli Etruschi, fu assoggettata dai Romani e ne divenne municipio e nel corso dei secoli fu dominata dalla Chiesa e dalla famiglia Orsini.
Tra le vie del centro storico si può ammirare la settecentesca Basilica di Santa Maria Assunta, la ex Chiesa di San Silvestro dove è allestito un pregevole Museo d'Arte Sacra e la Chiesadi Sant’Agostino. Non lontano dall’abitato si trova il Santuario della Santissima Trinità.
Tra i palazzi più importanti si ricorda Palazzo Nuzzi, il Palazzo Comunale, Palazzo Roberteschi, il Palazzo dell’orologio, Palazzo Alberti e il Palazzetto di Giuda.
Molto conosciute sono anche le Terme di Orte.
Caprarola è uno dei paesi del viterbese che si trova nella Riserva Naturale del lago di Vico.
Per la sua ottima posizione venne scelto dai Farnese come luogo di villeggiatura nel periodo estivo e fu così che nel 1559 su disegno di Jacopo Barozzi detto il Vignola, iniziarono i lavori dell'opera più insigne dei Farnese, il Palazzo Farnese. Vi lavorarono i pittori più importanti, gli architetti più illustri, il meglio del meglio che a quei tempi si potesse avere nello studio di una grande pianificazione urbanistica che vide, appunto, non solo la realizzazione del Palazzo ma anche la ricostruzione del nucleo urbano che rigorosamente doveva essere adattato alla mole ed al pregio del Palazzo, la famosa Via Diritta.
Fu costruito in pianta pentagonale, circondato da un profondo fossato in cui oggi si riconoscono i grandi bastioni angolari appositamente lasciati come a dimostrare la grande potenza militare dei Farnese. Gli spazi vennero concepiti secondo criteri ed esigenze ben precise, tra cui la divisione degli ambienti in due zone: quella estiva a nord, e quella invernale ad ovest. Le scale della servitù vennero ricavate negli spessori dei muri e non dovevano in nessun modo comunicare con gli ambienti dove si svolgeva la vita del cardinale. Gli interrati, il cui accesso era consentito dalla grande piazza antistante, aprivano il passaggio alle carrozze. In questa zona erano disposte anche le cucine, i magazzini ed i servizi necessari alla servitù.
Al di sopra dell'interrato si trova il Piano Rialzato, detto dei Prelati, a cui si accede dalla scala interna o da quella esterna, sopra all'ingresso degli interrati. Già in questo piano si trovano le stanze affrescate da Taddeo Zuccari, come le Stanze delle Stagioni che narrano negli affreschi i fatti di Giove, le cui prospettive, ideate dal Vignola, dilatano gli spazi in una visione irreale.
La Stanza delle Guardie, invece, venne affrescata da Federico Zuccari dopo la morte del fratello.
Attraverso questi ambienti si raggiunge lo straordinario cortile progettato dal Vignola in forma circolare, composto da due caratteristici porticati sovrapposti le cui volte vennero magistralmente affrescati da Antonio Tempesta, come pure le pareti della scala elicoidale interna. Questa originale interpretazione usciva dalle regole dell'epoca, poiché la scala per raggiungere i piani superiori, che solitamente veniva costruita nel cortile, fu ricavata internamente e rappresentò tutto l'estro del Vignola, tanto che venne chiamata Scala Regia. Una superba scala che ruota su trenta colonne di peperino attraverso la quale il Cardinale poteva raggiungere le camere da letto anche a cavallo.
Sopra al piano rialzato venne costruito il Piano Nobile, diviso in due appartamenti: quello dell'estate affrescato quasi totalmente da Taddeo, e, in parte da Federico, mentre quello dell'inverno dal Bertoja, da Raffaellino da Reggio e da Giovanni De Vecchi.
Qui si trova anche la camera da letto del cardinale, detta anche Camera dell'Aurora, e la stanza delle celebrità della famiglia Farnese, detta Stanza dei Fasti Farnesiani che narra negli affreschi la storia della famiglia fin dai suoi antenati. Nello stesso piano si trova l'Anticamera del Concilio, dove l'attenzione è rivolta alla figura di Paolo III e al Concilio di Trento.
Nel 1566 muoiono Taddeo ed Annibal Caro. Taddeo venne sostituito dal fratello Federico, mentre Annibal Caro fu sostituito con Ottavio Panvinio e Fulvio Orsini. Federico affrescò parte delle stanze del piano nobile e soprattutto la raffinatissima Cappella in cui dimostrò tutta la maturità artistica, mentre le elaborazioni del pavimento vennero disegnate dal Vignola.
Segue la Sala di Ercole, voluta da Annibal Caro con un grande loggiato. I pregevoli affreschi, realizzati da Federico, si rifanno alla mitologia ed in particolare alla leggenda di Ercole che diede origine al lago di Vico. Questo suggestivo loggiato si affaccia a sud, sul piazzale e sul paese tagliato dalla via dritta ed intorno immensi panorami.
L'iniziale sudditanza di Federico, nei confronti del cardinale, si trasformò in arrogante presunzione dopo aver raggiunto un certo livello di bravura e per questo motivo venne sostituito dal cardinale con Giacomo Zanguidi detto il Bertoja il quale lavorò nelle Stanze della Penitenza, dei Giudizi, quella dei Sogni e quella degli Angeli. Altri artisti lavorarono dopo il Bertoja, tra cui Giovanni De Vecchi e Raffaellino da Reggio.
Una delle stanze più affascinanti è la Stanza delle Carte Geografiche o del Mappamondo, affrescata da Giovanni Antonio da Varese, probabilmente con la collaborazione di Raffaellino e De Vecchi, ma non è noto il nome del pittore che realizzò l'opera più affascinante della stanza, ovvero l'originale rappresentazione dello Zodiaco nella volta del soffitto.
Il Vignola morì nel 1573 ed i lavori vennero terminati nel 1575 insieme al quarto e quinto piano riservati agli staffieri e ai cavalieri.
In una vasta zona retrostante il palazzo, si apre il magnifico parco-giardino che, ripetendo i motivi del tardo Rinascimento prelude alle concezioni architettoniche del Barocco. Vi si accede dalla sala dei Giudizi che immette nel giardino d'inverno, sul cui sfondo è la Fontana del Ninfeo ricca di stalattiti con il piano superiore già adibito a palcoscenico per rappresentazioni teatrali. Sulla destra, superato un cancello e attraversato il parco, si raggiunge la prima terrazza del giardino. L’ingresso è presidiato da due mezze figure sorrette da un piedistallo; al centro, la Fontana del Giglio; ai lati si dispongono due padiglioni decorati in mosaico rustico che preparano l'accesso a una scalea divisa da una Catena d'acqua detta dei Delfini, terminante in una grande conchiglia. Nella seconda terrazza, a forma ellittica, si eleva la Fontana dei Fiumi o dei Fiumi con due giganti che simboleggiano il Tigri e l'Eufrate. Ai lati, due rampe simmetriche conducono al Piano delle Cariatidi, circondato da 28 statue; sullo sfondo la Palazzina del Piacere, elegante costruzione con cortile e loggia ricoperta chi di pregevoli affreschi. Si sale, infine, all'ultima terrazza con una fontana in travertino e l'emiciclo delle Ninfe.
Non lontano dal palazzo si trovano le famose Scuderie: un imponente edificio costruito su disegno del Vignola che nel XVI secolo, era adibito a stalle. Oggi, completamente ristrutturato, ospita alcuni uffici e sale per convegni, attività culturali ed un centro congressi.
Nel centro storico, da vedere, sono anche la Chiesa di Santa Maria della Consolazione del XVI secolo, la Chiesa di San Rocco del XVI secolo, la Chiesa di San Marco del XVI secolo, la Chiesa di Santa Maria, la Chiesa di San Michele Arcangelo (Duomo) e la Chiesa di Santa Teresa del XVII secolo in cui si trova una tela di Santa Teresa di Guido Reni.
Tra i palazzi più noti c’è il cinquecentesco Palazzo Riario costruito dagli Anguillara nel breve periodo di dominio.
Caprarola è uno dei paesi del viterbese che si trova nella Riserva Naturale del lago di Vico.
Per la sua ottima posizione venne scelto dai Farnese come luogo di villeggiatura nel periodo estivo e fu così che nel 1559 su disegno di Jacopo Barozzi detto il Vignola, iniziarono i lavori dell'opera più insigne dei Farnese, il Palazzo Farnese. Vi lavorarono i pittori più importanti, gli architetti più illustri, il meglio del meglio che a quei tempi si potesse avere nello studio di una grande pianificazione urbanistica che vide, appunto, non solo la realizzazione del Palazzo ma anche la ricostruzione del nucleo urbano che rigorosamente doveva essere adattato alla mole ed al pregio del Palazzo, la famosa Via Diritta.
Fu costruito in pianta pentagonale, circondato da un profondo fossato in cui oggi si riconoscono i grandi bastioni angolari appositamente lasciati come a dimostrare la grande potenza militare dei Farnese. Gli spazi vennero concepiti secondo criteri ed esigenze ben precise, tra cui la divisione degli ambienti in due zone: quella estiva a nord, e quella invernale ad ovest. Le scale della servitù vennero ricavate negli spessori dei muri e non dovevano in nessun modo comunicare con gli ambienti dove si svolgeva la vita del cardinale. Gli interrati, il cui accesso era consentito dalla grande piazza antistante, aprivano il passaggio alle carrozze. In questa zona erano disposte anche le cucine, i magazzini ed i servizi necessari alla servitù.
Al di sopra dell'interrato si trova il Piano Rialzato, detto dei Prelati, a cui si accede dalla scala interna o da quella esterna, sopra all'ingresso degli interrati. Già in questo piano si trovano le stanze affrescate da Taddeo Zuccari, come le Stanze delle Stagioni che narrano negli affreschi i fatti di Giove, le cui prospettive, ideate dal Vignola, dilatano gli spazi in una visione irreale.
La Stanza delle Guardie, invece, venne affrescata da Federico Zuccari dopo la morte del fratello.
Attraverso questi ambienti si raggiunge lo straordinario cortile progettato dal Vignola in forma circolare, composto da due caratteristici porticati sovrapposti le cui volte vennero magistralmente affrescati da Antonio Tempesta, come pure le pareti della scala elicoidale interna. Questa originale interpretazione usciva dalle regole dell'epoca, poiché la scala per raggiungere i piani superiori, che solitamente veniva costruita nel cortile, fu ricavata internamente e rappresentò tutto l'estro del Vignola, tanto che venne chiamata Scala Regia. Una superba scala che ruota su trenta colonne di peperino attraverso la quale il Cardinale poteva raggiungere le camere da letto anche a cavallo.
Sopra al piano rialzato venne costruito il Piano Nobile, diviso in due appartamenti: quello dell'estate affrescato quasi totalmente da Taddeo, e, in parte da Federico, mentre quello dell'inverno dal Bertoja, da Raffaellino da Reggio e da Giovanni De Vecchi.
Qui si trova anche la camera da letto del cardinale, detta anche Camera dell'Aurora, e la stanza delle celebrità della famiglia Farnese, detta Stanza dei Fasti Farnesiani che narra negli affreschi la storia della famiglia fin dai suoi antenati. Nello stesso piano si trova l'Anticamera del Concilio, dove l'attenzione è rivolta alla figura di Paolo III e al Concilio di Trento.
Nel 1566 muoiono Taddeo ed Annibal Caro. Taddeo venne sostituito dal fratello Federico, mentre Annibal Caro fu sostituito con Ottavio Panvinio e Fulvio Orsini. Federico affrescò parte delle stanze del piano nobile e soprattutto la raffinatissima Cappella in cui dimostrò tutta la maturità artistica, mentre le elaborazioni del pavimento vennero disegnate dal Vignola.
Segue la Sala di Ercole, voluta da Annibal Caro con un grande loggiato. I pregevoli affreschi, realizzati da Federico, si rifanno alla mitologia ed in particolare alla leggenda di Ercole che diede origine al lago di Vico. Questo suggestivo loggiato si affaccia a sud, sul piazzale e sul paese tagliato dalla via dritta ed intorno immensi panorami.
L'iniziale sudditanza di Federico, nei confronti del cardinale, si trasformò in arrogante presunzione dopo aver raggiunto un certo livello di bravura e per questo motivo venne sostituito dal cardinale con Giacomo Zanguidi detto il Bertoja il quale lavorò nelle Stanze della Penitenza, dei Giudizi, quella dei Sogni e quella degli Angeli. Altri artisti lavorarono dopo il Bertoja, tra cui Giovanni De Vecchi e Raffaellino da Reggio.
Una delle stanze più affascinanti è la Stanza delle Carte Geografiche o del Mappamondo, affrescata da Giovanni Antonio da Varese, probabilmente con la collaborazione di Raffaellino e De Vecchi, ma non è noto il nome del pittore che realizzò l'opera più affascinante della stanza, ovvero l'originale rappresentazione dello Zodiaco nella volta del soffitto.
Il Vignola morì nel 1573 ed i lavori vennero terminati nel 1575 insieme al quarto e quinto piano riservati agli staffieri e ai cavalieri.
In una vasta zona retrostante il palazzo, si apre il magnifico parco-giardino che, ripetendo i motivi del tardo Rinascimento prelude alle concezioni architettoniche del Barocco. Vi si accede dalla sala dei Giudizi che immette nel giardino d'inverno, sul cui sfondo è la Fontana del Ninfeo ricca di stalattiti con il piano superiore già adibito a palcoscenico per rappresentazioni teatrali. Sulla destra, superato un cancello e attraversato il parco, si raggiunge la prima terrazza del giardino. L’ingresso è presidiato da due mezze figure sorrette da un piedistallo; al centro, la Fontana del Giglio; ai lati si dispongono due padiglioni decorati in mosaico rustico che preparano l'accesso a una scalea divisa da una Catena d'acqua detta dei Delfini, terminante in una grande conchiglia. Nella seconda terrazza, a forma ellittica, si eleva la Fontana dei Fiumi o dei Fiumi con due giganti che simboleggiano il Tigri e l'Eufrate. Ai lati, due rampe simmetriche conducono al Piano delle Cariatidi, circondato da 28 statue; sullo sfondo la Palazzina del Piacere, elegante costruzione con cortile e loggia ricoperta chi di pregevoli affreschi. Si sale, infine, all'ultima terrazza con una fontana in travertino e l'emiciclo delle Ninfe.
Non lontano dal palazzo si trovano le famose Scuderie: un imponente edificio costruito su disegno del Vignola che nel XVI secolo, era adibito a stalle. Oggi, completamente ristrutturato, ospita alcuni uffici e sale per convegni, attività culturali ed un centro congressi.
Nel centro storico, da vedere, sono anche la Chiesa di Santa Maria della Consolazione del XVI secolo, la Chiesa di San Rocco del XVI secolo, la Chiesa di San Marco del XVI secolo, la Chiesa di Santa Maria, la Chiesa di San Michele Arcangelo (Duomo) e la Chiesa di Santa Teresa del XVII secolo in cui si trova una tela di Santa Teresa di Guido Reni.
Tra i palazzi più noti c’è il cinquecentesco Palazzo Riario costruito dagli Anguillara nel breve periodo di dominio.
Le origini di Carbognano sono molto antiche e sembrano risalire ad epoca Etrusca e Romana. La sua posizione a ridosso dei Monti Cimini, nella parte meridionale dell'Etruria, lascia immaginare che il territorio sia stato considerato fin dal IV secolo AC, un presidio strategico. Notizie certe si hanno soltanto a partire dal X secolo quando il feudo risulta iscritto tra i possedimenti dell'Abbazia di Farfa. Nel secolo XIV appartenne alla potente famiglia dei Prefetti di Vico e successivamente passò tra i possedimenti della Camera Apostolica. Nel 1494 Papa Alessandro VI Borgia decise di concedere Carbognano ad Orsino Orsini, signore di Bassanello e a sua moglie Giulia Farnese che vi soggiornò fino al 1522. Dopo di lei sua figlia Laura lo lasciò in eredità a Giulio della Rovere, nato dal suo matrimonio con Nicolò della Rovere. Nel 1630, Papa Urbano VIII Barberini elevò Carbognano a Principato e, dopo una serie di unioni matrimoniali, esso finì tra i possedimenti della famiglia Colonna di Sciarra, a cui rimase fino al 1870.
Nel cuore del paese si trova il Castello di Giulia Farnese che la stessa fece costruire nel XVI secolo. È costituito da un fabbricato a pianta quadrilatera irregolare intorno a un piccolo cortile decentralizzato e sulla facciata principale si trova la scritta IVLIA FARNESLA.
Da vedere è la Chiesa di Santa Maria della Conciliazione commissionata da Giulia Farnese e la Chiesa della Madonna della Valle, piccola pieve di campagna dove si trova un affresco della Madonna col Bambino del viterbese Antonio Massaro detto il Pastura.
Paesino che sorge in un punto strategico tra la via Amerina, la via Cassia e la via Flaminia nel comprensorio della valle del Tevere lungo il quale, un tempo navigabile, vi erano numerosi porti e scali. Grazie alla posizione e alla ricchezza agricola e forestale di tutta la zona nei primi secoli del Medioevo venne eretto il Castello Baglioni, una magnifica fortezza in tufo, sotto il dominio dell'omonima famiglia che durò fino al XVII secolo, quando il castrum passò a Domitilla Cesi, cui si deve la diffusione sul posto del culto di San Filippo Neri. Alla fine del 1669 il feudo di Graffignano venne trasferito alla famiglia di Federico Borromeo e, in seguito, alla signoria di Scipione Publicola Santa Croce.
Nella Parrocchiale sono custoditi la copia del celebre dipinto di Guidi Reni raffigurante San Filippo Neri.
A pochi chilometri dal paese si trova il Santuario della Madonna del Castellonchio.
Di origine etrusca, appartenuta agli Orsini, ai Colonna e ai Vitelleschi, Soriano si trova su un’altura dominata dal massiccio Castello Orsini, fatto erigere da papa Nicolò III Orsini nel XIII secolo che scelse questo luogo come residenza estiva. Intorno al castello sorge l'antico borgo medievale, ancora in ottimo stato, con stretti vicoli e vie intersecantesi nella irregolarità planimetrica in cui domina la Torre dell’Orologio. Nella parte rinascimentale del paese si trova il bellissimo Palazzo Albani-Chigi (XVI secolo), considerato uno dei maggiori capolavori dell'architetto Ottaviano Schiratti, assieme alla famosissima Fontana Papacqua. Nella piazza si trova la Collegiata di San Nicola risalente alla fine del Settecento. Di impianto settecentesco anche la Chiesa di Sant'Eutizio al cui interno si trova un pregevole oleario marmoreo attribuito ad Andrea Bregno. Nella Chiesa di Sant'Agostino (o della Santissima Trinità, XVIII secolo) la volta fu affrescata nel Settecento da Taddeo Kunds.
Non lontano dall’abitato si può vedere la Chiesetta romanica di San Giorgio Soriano è circondata dai famosi Monti Cimini con i loro secolari ed ombrosi castagneti, la stupenda e maestosa faggeta al cui ingresso si trova il maestoso "sasso naticarello", un enorme macigno ovoidale che si regge in bilico da secoli su una stretta base di appoggio… “miracolo della natura”, lo definì Plinio il vecchio. Questa zona è la meta ideale per chi ama la natura e la tranquillità, ma anche per chi vuole dedicarsi a lunghe escursioni o alle semplici passeggiate a piedi, a cavallo o in mountain bike.
La Selva di Malano è la zona archeologica di più rilevante interesse dell'intero territorio. Sita in una vasta superficie piuttosto accidentata, non è sfortunatamente raggiungibile con facilità. La Selva è costellata da tombe a fossa con sagoma umana, tombe etrusche a camera, are, urne cinerarie e sarcofagi. Di particolare interesse è il Sasso del predicatore e la Tomba del re e della regina.
È un pittoresco villaggio di pescatori che sorge sulle sponde meridionali del Lago di Bolsena, di fronte all’isola Martana dove fu uccisa Amalasunta, la figlia di Teodorico, Re dei Goti, e non distante dalla via consolare Clodia. La famiglia che dominò a lungo il paese fu quella dei Farnese, a cui si deve l’edificazione del palazzo omonimo. Dell’antico castello, edificato sotto papa Urbano IV nel XIII secolo resta solo la famosa Torre dell’Orologio. Tra le vie del borgo si può ammirare la settecentesca Chiesa di Santa Maria che custodisce un calice di filigrana d'oro del VI secolo e un prezioso reliquiario con un frammento di braccio appartenuto, secondo la tradizione, a San Giovanni Battista.
Su una collina (in bella posizione sul lago), a poca distanza dall'abitato, sorge il piccolo Santuario della Madonna del Monte legata alla festa della Barabbata.
In una grotta tufacea, sulla strada per Capodimonte, si venera l'immagine miracolosa della Madonna che il 19 maggio 1948 apparve a tre bambine del posto.